La perfida Albione e il dominio delle parole
Nel periodo fascista c’era una dichiarata intolleranza verso le parole straniere. Tanto che erano vietate. E si tentavano anche delle brillanti traduzioni. Tipo che il cachet per il mal di testa si doveva chiamare cialdino, mentre la garconniere era diventata la giovanottiera e il garage si chiamava (con maggior fortuna) autorimessa.
E nessuno si sogna altre pensate del genere, anche perché l’Accademia della Crusca non fa che ripetere che la lingua è cosa viva e mutevole. Ed è giusto.
Ma cosa ha a che vedere questo con la rinuncia alla propria lingua? Prendiamo il calcio. Perché un calciatore che riprende una respinta e ribatte in rete la palla fa un “tap in”? E perché uno che fa un azzardo “si prende un rischio”, quando in italiano un rischio si assume o si corre? Solo perché in inglese si dice “to take a risk”? O perché si dice “bas” intendendo “bus”, visto che il termine viene dal latino “omnibus”, cioè per tutti?
Inoltre un “manager” è molto meglio e ben più pagato di un “dirigente”? Una tariffa “fissa” costa di più di una “flat”? Le “news” sono più aggiornate delle “notizie”?
un “manager” è molto meglio e ben più pagato di un “dirigente”?