Alannah Myles e il ritmo circolare del blues
La sveglia digitale stamattina mi ha fatto un regalo. Stavolta non l’ho detestata come al solito. Alle sette in punto, la voce roca di una meravigliosa Alannah Myles mi ha riportato al mondo. Il ritmo cadenzato del suo blues mi ha cullato ancora per qualche minuto prima che ritornassi del tutto presente a me stesso. Dopo una serata alcolica e sensuale, non potevo desiderare risveglio più degno.
“The boy could sing, knew how to move ev’rything…..Black velvet with that slow southern style….The way he moved, it was a sin, so sweet and true”.
“The boy could sing, knew how to move ev’rything…..Black velvet with that slow southern style….The way he moved, it was a sin, so sweet and true”.
Ero militare allora. Un carrista per la precisione. Tutto anfibi, mimetica e fango. Non amavo quella vita, ma in quegli anni eri obbligato a prestare il servizio. Lo facevo bene, tanto che ero nell’equipaggio del capo plotone. Per essere più chiaro il mio era il carro armato centrale in un gruppo di cinque. Ci si muoveva con due mezzi a sinistra, due a destra ed il mio al centro. Gran rottura, credetemi. Via etere passavano la maggior parte delle informazioni, ma quando si simulava il silenzio radio, mi toccava uscire con il busto dalla torretta e passare gli ordini con l’ausilio di alcune bandiere.
Minchia, quanto dovevo sventolare. Neppure una cheerleader credo sventoli tanto, ma questa è un’altra storia. Insomma, quando riuscivamo a liberarci di quei mastodonti, quando ogni singolo cingolo era stato verificato, quando il livello dell’olio era stato ripristinato, riempito il serbatoio di carburante per il giorno successivo (hai visto mai? metti che un qualunque dittatoruncolo decidesse nella notte di attaccarci, come facevamo con i carri in riserva?), potevamo rilassarci un pochetto. In uno di quei momenti, dalle mie cuffiette, vennero fuori queste note, che stamattina la sveglia mi ha restituito.
Ascolti un attimo, cerco un cd, di nuovissima uscita, Qual è il titolo?, mi chiese, Non lo so: glielo canto, Ahhh, Alannah Myles!!
E fu così che entrai in possesso di una copia. Sfacciataggine di gioventù. Oggi, per quanto ignori bellamente la mia carta di identità, non mi azzarderei mai a canticchiare una canzone per comprare qualcosa. Mi viene da ridere a ripensare a quell’episodio. Comunque, dicevo, la sveglia mi ha fatto iniziare la giornata con questo brano. Una ballata perfetta per celebrare una serata goduriosa. Note lente e ripetute, una bella donna che racconta in musica delle sapienti movenze di un ragazzo del Sud, dei suoi gesti peccaminosi, così dolci e veri. Che dire, a volte accresce l’autostima pensare che si parli, in bene, proprio di te.
Eppure, per arrivare a questa serata, di tempo ne è passato. Ci siamo conosciuti per caso, avevo un libro in mano in fila alle Poste. Mi hai detto che ti interessava l’argomento. Ti eri laureata in economia, ti occupavi di marketing digitale e volevi approfondire. Sorpresa delle sorprese, tutto d’un fiato mi hai raccontato che avevi sbirciato il sito della mia facoltà e che quindi avevi riconosciuto il titolo del testo che avevo con me.
Oh Gesù, ma succedono sul serio queste cose? Credevo esistessero solo nella mente di romantici sceneggiatori di commedie americane. Invece no, eri lì, reale, vivente, respiravi pure. Lasciarti il numero di telefono è stato un attimo, che mi tempestassi di messaggi su whatsapp ci sono volute un paio d’ore. Il classico caffè esplorativo dopo quattordici ore. Che passassimo una serata a casa mia, con epilogo blues gentilmente offerto dalla mia sveglia, appena la bellezza di quattrocentottanta ore. Ma te l’avevo detto. Della carne non mi interessa se non ottengo prima il cervello. Quattrocentottanta ore e quella bella testolina hai capito che dovevi proprio regalarmela.