Interno Sud
Sette settembre del duemila sette. Uno dei giorni più allitterati di sempre. Ricordo le sue gambe perfette. Ma questa è un’altra storia. Il Sud Italia, l’interno Sud, pareva cucito a mia misura. Con un passo riuscivo a raggiungere la Calabria e la Basilicata. Due passi non bastavano per andare in Sicilia. La Puglia richiamava a gran voce. La miscela di dialetti mi aveva sempre affascinato. Spostarsi lungo le strade e scoprire che non sono solo case. Ma ulivi e alberi di frutta. Terra incolta e inesplorata. Alle sei di mattina mi fermavo a respirare l’odore del suolo umido. La sera andavo a piedi nudi nei campi tutt’intorno. Ma il pomeriggio era il momento della giornata che preferivo. All’ombra di un albero di un noce, credo di aver avuto i momenti migliori della mia vita. Salvo quando i contadini erano intenti a bruciare le foglie secche e i resti del loro raccolto. La gente che corre sembrava assentarsi dal mondo.
Ma il pomeriggio era il momento della giornata che preferivo.
Sarei stato il suo terzo ex marito. Intanto il tempo scorreva lento e tranquillo.
Chi può dirlo. Ma la figura che più mi aveva colpito era un’anziana donna. Novantadue anni. Si faceva accompagnare dal nipote. Armata di sedia si accomodava sotto l’albero affianco al mio e iniziava a raccontare pezzi di storia. Della sua storia. Il marito che la tradiva, ma a quel tempo non potevi divorziare o ribellarti e quindi ti concedevi ad altri uomini. Il padre grande lavoratore. Agricoltore morto nei campi a quarantasette anni. I suoi otto figli, ciascuno con una buona posizione. Ogni storia aveva una fine accompagnata da una lacrima. A volte di gioia, altre di tristezza infinita, altre ancora di malinconia. E alle sette di sera, nell’interno Sud, una volpe diceva che era ora di andare, che la cena era calda come il sole dell’alba e la luce di un cero raccontava una fiaba.