Rotolando verso sud: sì, ma quale?
Quando poche settimane fa ho visto per la prima volta Barcellona ho avuto due sensazioni molto diverse tra loro, ma entrambe ben definite: la prima, più immediata, mi diceva qualcosa come “Che bello, mediterraneo, Spagna, senti il caldo? Vedi il mare? Guarda la gente, guarda come somiglia alla tua, è proprio vero, Napoli e Barcellona condividono l’anima”; l’altra invece, emersa poco dopo, maturava man mano che camminando per le vie di Barcellona, il mio sguardo veniva catturato da bandiere, sui balconi, che non avevo mai visto prima: quelle della Catalogna.
Che i catalani fossero indipendentisti convinti e che con la Spagna ed il governo centrale di Madrid non volessero più averci niente a che fare mi era ben noto, ma da piccolo abitante del Sud Italia non mi era mai capitato di toccare la secessione con mano, di camminare per le vie di una città che questo sentimento lo esprime ed espone ad ogni occasione. Ascoltando sui mezzi pubblici gli annunci sia in catalano che in castigliano provavo ad immaginare la stessa cosa con l’italiano ed il bergamasco, dato che in Italia fenomeni del genere non ci sono nuovi. Certo sarebbe dura per noi reggere il paragone, accostare le energiche e variopinte manifestazioni dei catalani ai rutti, le corna e le consacrazioni dei fiumi di certi personaggi nostrani, ma un elemento in comune di sicuro c’è: un nord che si sente ricco e che vede il sud come un povero incapace – nella migliore delle ipotesi – se non lavativo.
I più ricchi e felici sono svedesi e norvegesi, e più a nord di loro c’è solo la neve.
Cosa vuol dire questo? Forse che c’è sempre qualcuno più a sud (o più a nord) di noi, o forse che il problema non riguarda il lembo di terra che ti vede nascere ma il sentimento di chi ha qualcosa in più che quel qualcosa sia suo meritatamente e che ci sia qualcuno lì fuori – magari a sud – pronto a rubarglielo. Allora la domanda che mi pongo è questa: si sarebbero mai venuti a creare gli stati così come li conosciamo se ogni volta il popolo di un pezzo di terra arricchitosi temporaneamente avesse chiesto l’indipendenza? Io non mi fido del tempo, anzi, confido ciecamente nella sua capacità di cambiare le circostanze. Il ricco di oggi potrebbe essere il povero di domani e mi spaventa sapere che in molti sarebbero pronti a salpare al primo scorgere del mare calmo. Sarebbe come dimenticare che le tempeste esistono, e che quando arrivano l’unica cosa che conta è avere qualcuno con cui condividere il momento, qualcuno che ti somigli, che abbia il tuo stesso passato, che parli una lingua simile alla tua, che condivida la tua cultura.
Dovrebbero essere questi gli unici criteri sui cui fondare uno Stato, magari aggiungendone uno nuovo: che non si facciano, né mai si creino, differenze tra nord e sud.