Lo sguardo (storie di incanti)
Quando ero bambino avevo una cameretta tutta bianca. Sopra il letto una Madonna in rilievo con tanto di cornice in legno, sulle coperte il mio peluche Gigio e nient’altro a farmi compagnia. Ora, essendo che la Madonna non mi ha mai considerato granché ed avendo Gigio poche parole, sebbene alquanto intelligente, cercai altrove quel calore che quell’immacolato candore non poteva infondermi. Così mi creai uno spazio vitale in un cassetto della scrivania (bianca) che col tempo avrebbe accolto fumetti decadenti, giornaletti sconci, sigarette, sostanze illecite e tanto altro, ma allora non era che un ripostiglio per Album di calciatori Panini, Guerin Sportivo e robetta di Walt Disney. Fu allora che iniziai ad osservare lo sguardo delle persone. Ricordo le figurine di un campionato mondiale di calcio, suppongo quello del 1990. Osservavo le facce dei rappresentanti delle nazionali più forti e taluni mi parevano gagliardi, fieri, il mento pronunciato, il ciuffo a incoronare la fronte ampia e gli occhi famelici ad aggredire l’obiettivo del fotografo, mentre altri nascondevano dietro un sorriso smozzicato e la peluria sulle mascelle la pesante responsabilità di far parte del ristretto novero dei favoriti. C’erano poi i giocatori delle nazionali minori, alcuni sorridevano, grati al loro Dio di far Pensavo al pittore, a quanto si potesse desiderare e amare una donna per renderla così sublime agli occhi dei posteri
Anni dopo, quando le pareti della camera si erano ricoperte di poster, gli armadi di ritagli di giornale, la Madonna sempre non pervenuta, Gigio con troppi grilli per la testa e del cassetto già si è detto, fui chiamato a fare il servizio civile. Avevo meno di vent’anni e fui sbattuto in un museo a fare la guardia ai turisti tedeschi, più educati di me, e alle scolaresche italiane, più ignoranti dei tedeschi.
Passavo ore a sorridere di rimando, fingere un piglio autoritario con chicchessia e cercare qualcosa di non meglio definibile nei quadri appesi alle pareti. Un giorno fui mandato in un altro museo e incontrai il più bel sguardo di donna di cui abbia memoria. Nella stanza assegnatami ero spesso solo e calcare i passi era l’unico modo per riempire il vuoto. Avevo le braccia conserte e percorrevo il perimetro con passo marziale, sfiorando i quadri con l’occhio destro. Poi il mio sguardo incontrò il suo. Non avevo idea di che genere di donna fosse, intendo Dea pagana, Madonna, cortigiana o di malaffare e ad ogni modo non penso fossi interessato all’estrazione sociale. Mi fermai e lasciai che quella donna esercitasse su di me tutta quella malia che i secoli non erano stati in grado di stemperare. Tutto nel suo viso, i lineamenti, le sfumature, perfino le imperfezioni, portava l’osservatore a cadere nell’orbita degli occhi o delle labbra e riuscire a liberarsi delle perle che illuminavano fronte e gote significava finire prigionieri del caldo e roseo ricamo tra il naso e il mento. Pensavo al pittore, a quanto si potesse desiderare e amare una donna per renderla così sublime agli occhi dei posteri. Quante volte il pennello sarà caduto per permettere alle dita sporche di tempera di percorrere le curve di quel viso capace di illuminare l’intera stanza di un museo?
A questo e chissà quant’altro pensavo mentre un turista nordico dalle gote rubizze mi affiancò e osservò anch’esso la celestiale creatura. Ma lo stesso turbinio di passioni ed emozioni non deve avere sconvolto l’anima normanna dell’uomo, che con un sorriso privo di intesa guardò sia la dea che il sottoscritto e quindi passò oltre.
Non fui più mandato in quel museo. Il tempo ha rimosso dalla memoria il titolo del quadro e il nome del pittore. Di cui tutt’ora provo invidia, sebbene con il tempo capii che quella donna non era un soggetto, ma era qualsiasi donna desiderata, idealizzata, amata. Quello sguardo mi è capitato talvolta di ritrovarlo altrove, accarezzando o anche solo immaginando di percorrere con l’indice la linea di un naso e sfiorare le palpebre fino a sentire vibrare quella corda interiore che alcuni chiamano anima.
Insomma, quel quadro aveva completato l’opera iniziata da un centinaio di calciatori mondiali. E io sarei rimasto imprigionato per sempre in uno sguardo di donna.