Amici miei
Sabato 15 agosto 2015 Amici Miei di Mario Monicelli compie quarant’anni. Una pellicola che segna l’inizio del filone conosciuto come commedia all’italiana. Non più finali lieti e romantici. Niente storie d’amore canoniche. Ma la ricerca del branco per fuggire dalla normalità della vita.
Il progetto originale appartiene a Pietro Germi, costretto ad abbandonarlo per la grave malattia che lo condurrà alla morte nel 1974. Amici miei. La voce narrante del Perozzi (Philippe Noiret), giornalista capocronaca, riporta alla luce le gesta di un gruppo di amici storici, a Firenze, stanchi di rincorrere la vita.
Il filo conduttore sono le loro zingarate. Si fugge, senza una meta e senza un reale motivo. Così Il Necchi (interpretato dall’attore rivelazione Duilio Del Prete), gestore di un bar; il Melandri (Gastone Moschin), geometra comunale; il Sassaroli (Adolfo Celi), primario e professore di psichiatria, nonché proprietario di una clinica e il conte Lello Mascetti (Ugo Tognazzi), decaduto per aver sperperato due patrimoni: il suo e quello della moglie. Il luogo d’incontro è il bar Necchi. I cinque si incontrano lì per dar vita, tra una partita a biliardo e una a carte, a scherzi che rasentano il surreale. Tra le invenzioni più divertenti si ricorda la celebre supercazzola del Mascetti. Il conte decaduto, alla continua ricerca della sua nobiltà perduta, orgoglioso e dai modi gentili, trova sempre il modo per uscire da situazioni difficili, pronunciando frasi nonsense che mettono in difficoltà il suo interlocutore.
Oppure la zingarata del treno. In attesa di un treno in partenza, i cinque si appostano sul binario e avviano a prendere a schiaffi i passeggeri affacciati al finestrino. Dopo una zingarata finita male, con i quattro (Mascetti, Necchi e Perozzi) ricoverati nella stessa stanza d’ospedale, il Melandri perde la testa per la moglie del primario.
Riuscito a conquistarla, anche grazie all’aiuto telefonico degli altri tre, scompare per un periodo. Dopo l’assenza, si ripresenta disperato al cospetto del gruppo, chiedendo una mano per liberarsi e sconfiggere la cattiveria del professore (in questa occasione ai quattro si aggiunge il Sassaroli). La genialità del Necchi, invece, riesce sempre a far trovare nuovo vigore al gruppo.
Tra le invenzioni più divertenti si ricorda la celebre supercazzola del Mascetti.
Insomma, una vita che passa con la spensieratezza del branco. L’amicizia tra uomini, quella vera, solidale fino alla fine, che non riescono a crescere e che solo grazie al gruppo si tengono lontani dai guai o dai problemi della vita reale. Goliardìa, sì. Ma anche complicità e confidenza. E malinconia. Quella malinconia che sopraggiunge con i ricordi del passato, di una gioventù ormai andata.
Una estrema conoscenza dell’altro. Conoscere a memoria pregi e difetti di un amico fa in modo che la comitiva proceda tranquilla. Amici Miei rappresenta, come detto, un caposaldo della commedia all’italiana. Marginali, ma non troppo, le figure femminili: Carmen Necchi (Franca Tamantini); Alice Mascetti (Milena Vukotic); Donatella Sassaroli (Olga Karlatos) e Titti (Silvia Dionisi), amante del Mascetti, chiamate a sopportare loro malgrado le scorribande dei loro uomini. La pellicola riscuote un discreto successo, portando alla vittoria del David di Donatello per Mario Monicelli (miglior regista) e Ugo Tognazzi (Miglior attore protagonista). Un globo d’oro per Duilio Del Prete come miglior attore rivelazione e tre nastro d’argento (Miglior produttore, miglior soggetto originale e migliore sceneggiatura).
Un film che fa riflettere anche a distanza di quarant’anni. Buona visione.