Salvarsi
“Lasciami stare, io mi voglio bene a modo mio. Come posso, come so”. Così mi dicevi, ricordi? Quanto tempo è passato da quel primo anno di università. Poi ti alzavi di scatto, come se avessi dimenticato qualcosa di urgente, che arrivava all’improvviso a turbare la nostra chiacchierata, in qualche caffè del centro, seduti uno di fronte all’altra, i miei occhi persi nei tuoi. Hai sempre avuto occhi da perdersi dentro, lo sai vero? Ce li hai ancora, ho visto. Verde profondo, balcone privo di ringhiera, sopra un infinito che lasciavi solo intravedere, e solo a chi volevi tu. Io tra questi pochi eletti, io a perdermi nel tuo infinito, io che ci guardavo dentro e vedevo luce e buio. Un buco nero fatto di dolore, forse di un vago, cupo senso di colpa, di cui però non riuscivo a cogliere i contorni. Sentivo, ma non capivo. Ti facevo un sacco di domande, ma tu eri capace di parlare per ore e dirmi pochissimo di te. Ti chiedevo della tua famiglia, della tua infanzia, mi guardavi in silenzio e cambiavi discorso. “Saresti perfetto -mi dicevi ogni tanto- se solo non fossi così ostinato a volermi salvare”.
Odiavi gli specchi, non volevi mai vederti. Se non attraverso i miei occhi. Usavi me per avere l’immagine riflessa della tua anima, non del tuo corpo
Un giorno, dopo aver mangiato una quantità enorme di cibo, ti precipitasti in bagno. Ero preoccupato, accorsi dopo qualche attimo e ti sentii vomitare. Dopo, con uno sguardo rilassato e sereno come non mai, mi dicesti: “Ho bisogno di liberarmi. Di quello che ho dentro, lo sai che non posso liberarmene. E io so che tutto questo mi fa male. Si vede che il mio destino è volermi male. Chi può opporsi al proprio destino?” Mi sentii preso in giro. Pensai istintivamente che era una stronzata. Ma anche che, se è vero che nessuno si salva da solo, è anche vero che nessuno salva chi non vuole essere salvato. Qualunque sia la cosa da cui fuggire e salvarsi. E in quell’attimo esatto, decisi che sarei sparito dalla tua vita.
Mi sei sembrata felice. O almeno pacificata. Ma poi mi sono ricordato che, in molti momenti, anche tanto tempo fa potevi sembrare serena, quando non lo eri
E poi te l’ho chiesto, a bruciapelo.
–Stai bene, adesso, finalmente?
–Si. -Allora ti sei salvata, ce l’hai fatta, da sola.
–Non da sola.
-Chi ti ha salvata? Non dirmi che ti sei lasciata prendere da un medico. Da un nutrizionista. No, da uno psicologo…
-Un uomo
-Uomini ne avevi tanti e potevi averne ancora di più, da sempre! Ma non ti lasciavi avvicinare veramente da nessuno… neanche da me, in fondo. Deve trattarsi di un uomo straordinario.
-Lo è, ma il punto è un altro. Non ero pronta a farmi amare. Lui mi ha tolto le ombre e mi ha insegnato ad accettarmi e ad amarmi. E quindi a lasciarmi amare e ad amarlo.
-Puoi dirmelo adesso? Puoi dirmi delle tue ombre?
-Lascia stare.
-Dimmelo. Ormai non sono più innamorato di te, ormai siamo adulti, abbiamo ciascuno la sua vita.
-Ricordi che non parlavo mai della mia famiglia? Ricordi che una volta mi chiedesti di mio padre e senza risponderti ti implorai di portarmi in quella creperie tra i vicoli del centro, dove mi sfondai di crepes dolci e salate, mentre tu mi guardavi attonito?
-Certo che lo ricordo
-Eccole le mie ombre. I miei incubi. I miei mostri. Avevo una bestia nel cuore che pensavo di poter placare col cibo. Ma sbagliavo…
Il sangue mi si è gelato nelle vene. Sono rimasto impietrito in lunghi attimi di silenzio. Come avevo fatto a non capire? Come??
–E così, adesso sei finalmente felice…
–Non esageriamo. La felicità è una parola grossa. Diciamo che non ho più ragione di volermi male.
–Ti chiedo perdono. Volevo salvarti, volevo esserti dentro l’anima, amandoti e tentando di guardarti dentro ogni giorno ogni attimo. E non avevo capito cosa avevi dovuto subire da bambina…
–Tu sei stato un angelo. Il mio angelo anche se parzialmente inconsapevole. Non potevi capire, non volevo capire neppure io, volevo solo rimuovere. Mi sentivo sporca, come se in qualche modo fosse stata colpa mia, qualche volta pensavo di voler morire. E di certo non volevo farmi salvare, allora: tu non potevi fare più di quello che hai fatto. Anzi… non ti ho mai detto una cosa, sono anni che penso di cercarti per dirtela.
-Cosa? -Grazie. Se molto tempo dopo ho potuto fidarmi di un uomo, lo devo a te. Non ti parlavo, ma sentivo di potermi fidare di te. Anche tu, a tuo modo, mi hai salvata, malgrado io ti dicessi che non volevo essere salvata. Grazie.