Endkadenz Vol.2: non un’altra recensione
Uscito appena due settimane fa Endkadenz Vol. 2, secondo volume dell’album Endkadenz dei Verdena, sta già facendo parlare parecchio di sé. A dire la verità se ne parlava anche prima che uscisse, e con scetticismo più che entusiasmo: in molti infatti, compresa la loro stessa casa discografica – la Universal, major che più major non si può – hanno storto il naso davanti alla scelta di fare uscire due album a così poca distanza di tempo tra loro. Le ragioni dei discografici e dei critici, o presunti tali, sono chiaramente diverse tra loro, ma a mio parere meritano entrambe un approfondimento.
Il discografico, si sa, deve vendere. Da questo punto di vista non era del tutto ingiustificato il timore di un flop: nell’era di youtube, spotify, deezer e compagnia cantante i dischi venduti sono sempre meno. Inizialmente si è provato ad arginare questo fenomeno – oltre a quello dei download illegali – proponendo l’acquisto in digitale dei brani, che oltre ad avere, spesso, prezzi più accessibili, rientra nell’immaginario moderno di un mondo digitale in cui il proprio computer rappresenta la porta d’accesso a tutto il fruibile e il conoscibile. Questo, chiaramente, non è stato altro che un mettersi al passo con i tempi e non ha cambiato la drastica situazione (o almeno così viene dipinta) del mercato discografico: se la gente è restia a spendere soldi per qualcosa che può toccare con le proprie mani figuriamoci quanto lo è a spenderli per qualcosa che neanche può toccare.
È in questo scenario che un doppio album diventa un doppio problema, se infatti le vendite del primo volume sarebbero state sicuramente supportate dalla “astinenza” dei fan che attendevano un nuovo lavoro della band da oltre tre anni, lo stesso effetto difficilmente si sarebbe verificato per il secondo volume in uscita soli sette mesi dopo. Proprio per questo i Verdena e la Universal si sono scontrati, rischiando – pare – di porre fine alla loro collaborazione. E a giudicare dalle classifiche dei dischi più venduti, che in queste due settimane hanno visto Endkadenz Vol.2 stabilmente al primo posto, avevano ragione quei tre ragazzi. Con buona pace della Universal.
Quanto all’aspetto più squisitamente artistico, mi è capitato di discutere con una persona – ma ce ne sono sicuramente altre della stessa idea – che criticava la scelta di un doppio album sostenendo che questa sia giustificata solo in presenza di una grande varietà di suoni (pena risultare più simile ad un rigurgito) e che in ogni caso un doppio album vada fatto solo una volta in carriera. Sorvolerei su quest’ultimo punto, che mi sembra davvero un dogma fine a se stesso (come sul fatto che la persona in questione l’album non l’aveva ascoltato) mentre trovo molto interessante il primo, se non altro perché abbraccia una questione a cui sono molto legato, vale a dire quella sulla libertà degli artisti.
Quale sarebbe il senso di mettere da parte dei brani concepiti in un certo modo, con il rischio di snaturarli e perderli del tutto nel tentativo futuro di vestirli con abiti diversi?
Le rispetto perché quegli artisti di scelte ne hanno fatte e ne fanno tutti i giorni, e se sono lì dove sono forse non hanno scelto così male. Le rispetto perché l’autenticità è il primo ingrediente di un buon disco, perché credo che non ci sia niente di più prezioso per un artista. E le rispetto ancora di più quando non sono scelte di comodo, quando per portarle avanti rischi qualcosa se non tutto: il tuo contratto, il tuo pubblico, il tuo nome. Davanti a queste scelte, di coraggio e di libertà, e indipendentemente dai risultati, non posso che togliermi il cappello e ringraziare del fatto che ci sia ancora in giro gente che ha voglia di osare, che lo fa rischiando sulla propria pelle e per il motivo più nobile che ci sia: rimanere fedeli a se stessi.
Dell’album in sé non ne ho parlato, né lo farò. A me è piaciuto, seppure dopo qualche ascolto, sono cresciuti e hanno sperimentato molto, specialmente nelle parti strumentali, ma chi mi conosce sa quanto mi stiano sui cosiddetti le recensioni musicali. Se devo perdere del tempo, preferisco farlo ascoltando direttamente un album piuttosto che leggendo cosa ne pensa un’altra persona. Nel salutarvi però vi propongo Lady Hollywood, che mi piace un sacco e suona proprio come un lieto fine. Buon ascolto e alla prossima!