Una giornata senza pensare
Un paio di settimane fa un caro amico mi suggerì di pensare di meno. Ora, sebbene ciò nell’economia del discorso ha un’importanza relativa, non vorrei che tacciaste il mio compare di bieca superficialità.
E del resto se quanto detto vi ha provocato un irrefrenabile istinto di puntare l’indice verso l’anonimo autore, la colpa è mia soltanto, perché, come il giornalismo d’oggi non insegna affatto, non si estrapolano frasi da discorsi spessi e articolati. Ad ogni modo io quel consiglio l’ho preso alla lettera e una bella sera mi sono detto: basta, domani provo a non pensare. Tutto il santo giorno senza lambiccarmi il cervello.
una bella sera mi sono detto: basta, domani provo a non pensare.
E tutto andava per il verso giusto, finché non ho commesso l’errore di versare il caffè nel latte. Hai voglia tu a distogliere lo sguardo dalle strade vorticose e perverse che un liquido nero deve percorrere per fare accettare la sua indole oscura al candido latte. Povere molecole nere, che vitaccia. Mi facevano pensare a quel misero gas aeriforme citato in un qualche libro di Goethe. Si parlava di uno sfortunato composto chimico che, nelle parole di non mi ricordo quale personaggio, avrebbe dovuto vagare all’infinito prima di precipitare e, alla fine della fiera, divenire qualcosa di sensato e utile all’universo. Condizione esistenziale alquanto simile a quella di un essere umano che avevo accuratamente evitato di osservare allo specchio.
Incassata quindi la prima sconfitta, ho raccolto le mie cose e sono partito alla volta del lavoro. In auto mi sono ben guardato dal mettere la mia solita musica e ho optato per una banalissima radio commerciale in grado di convincere anche il cervello più bigotto della necessità di abortire ogni pensiero di qualsivoglia genere.
Tutto sarebbe filato liscio se un infame camionista non si fosse infilato con il suo treno di gomme proprio davanti ai miei occhi.
Ad ogni modo io quel consiglio l’ho preso alla lettera e una bella sera mi sono detto: basta, domani provo a non pensare. Tutto il santo giorno senza lambiccarmi il cervello.
Alle nove del mattino avevo già pensato due volte. La situazione si faceva drammatica. Che dire poi di quel ragazzone dalla barba ispida, gli occhiali rotondi e i capelli ben ordinati verso destra che dall’altro del suo cartellone pubblicitario mi sbeffeggiava consigliandomi di pensare al mio futuro? E che dire della cameriera che a ora di pranzo non trovava di meglio da fare che abusare della malefica parola, moltiplicarla, renderla ridondante, abominevole: ha già pensato a cosa ordinare o vuole pensarci ancora un po’? Se vuole le lascio altro tempo per pensare. Quando ha pensato mi chiami pure.
E venne la sera e il sole si portò via con sé tutti i miei buoni propositi. Nonostante la mia buona volontà, che tra l’altro mi aveva portato a rispolverare la playstation salvo poi mollare tutto alla vista di una squadra di serie A di nome Parma, il proposito di non pensare era miseramente naufragato.
Così, ormai incurante delle possibili connessioni mentali, ho aperto facebook. Una nuvoletta in alto a destra mi ha subito avvisato che qualcuno
durante la giornata mi ha pensa… cioè, mi ha mandato un messaggio. Era il mio amico, quello del suggerimento di non pensare.
“Ciao. Lo sai cos’ho pensato oggi?”
Mi gratto la barba, mordo il labbro superiore, massaggio la fronte, sospiro tre volte, batto i polpastrelli sul bordo del Pc e penso (massì ormai posso dirlo penso, no?) a cosa rispondere a quel menagramo.
E pensa che ti ripensa alla fine opto per la prima frase che mi è venuta in mente non appena letto il suo messaggio:
“Vai a fare in culo”
Dimostrando così che talvolta pensare non serve effettivamente ad una fava.