Forma minore
Non esiste una forma minore. L’uomo è incapace di rompere i ponti. La cellulosa ferma il sangue, ma gli alberi non fermano le guerre. Il paradosso della natura. Affacciandomi dalla finestra, posso vedere enormi flussi migratori di luce. C’è il fascio luminoso rosso, il fascio opaco verde. L’arancione, il viola e via – via gli altri colori. Un arcobaleno che non ha arco né frecce. Pure il baleno manca. Così, su due piedi, sembra più un arcobalento. Così si presenta ai miei occhi. È stata una giornata poco frenetica, diversa dal solito. Diversa anche dal solido. Sì, ho sudato molto pur non muovendomi. Sono in guerra. Sono al fronte. Faccio parte di un corpo scelto, forse a caso, con la fortuna che mi ritrovo, per distruggere il nemico. Un nemico immaginario. Sono al fronte. Pronto a morire con il coltello tra i denti. Fino a qualche giorno fa era la forchetta. Mala tempora currunt (che ve lo spiego a fare, non capireste). Sono al fronte. Vorrei telefonare alla mia donna e dirle: ehi, tu! Ho voglia di scopare. Il tempo di sparare a questi mostri e sono da te. Fatti trovare pronta. Non vedo telefoni da queste parti. Solo fasci di colore e di dolore. Alcuni luminosi, alcuni opachi. Potrei soffermarmi a parlare della grandezza della luna, della sua immane luminosità e di quanto fosse imponente questa sera. Ma la cosa non porterebbe a niente. In questo frangente, non temo il futuro. Il passato mi ha insegnato tanto. Mi ha insegnato che i pipistrelli non attaccano gli esseri umani, ma questi conservano una fottuta paura per dei roditori con le ali che sembrano cucite da una sarta con dubbie capacità. Dal passato ho imparato (che, ironia della sorte, è un verbo al passato) a chiudere le porte, pur non essendo sempre l’ultimo a uscire o a entrare. Ho imparato a non chiuderle affatto, le porte. Ho imparato a guardare dal buco della serratura della vita. Come un disadattato affetto da voyeurismo esperienziale. Come un guardone che spia il mondo orgiastico dei sentimenti, degli avvenimenti e di tante altre cose che finiscono con enti. Pubblici o privati. Ma soprattutto il passato mi ha insegnato che è sbagliato mangiare peperoni e poi andare dritti a dormire (anche storti, a dire il vero). Affetto. Il futuro non mi fa paura. Ora non so, dopo, sicuramente. La carenza presente, mi preoccupa. Forse me ne sarei dovuto occupare prima, prima ancora. Il passato di verdure. Ho spinaciato, ho broccolato, ho insalato. Mi inquieta. A volte mi inquieto da solo. Ma ormai è andato e non si sa se tornerà. Sento il bisogno di allacciare i ponti, ma l’ingegnere visionario costruisce ponti mocassino. Il primo esempio di ponti senza lacci e allacci. Ho portato con me un salvagente. Appena ne vedo un po’, proverò a salvarla. La gente. Tiro i remi in barca, ma non avendone una, vanno a finire dritti in testa all’ingegnere. Mi maledice con qualche strana formula. Mi scuso, ritirando tutto ciò che ho detto. Anche i remi. Questa volta, e per fortuna, lo manco. Lui mi dice: mi manchi! Gli rispondo: la prossima volta costruisci ponti coi lacci. Casca dal pero e rialzandosi mostra tutto il suo stupore, ben custodito in una ventiquattro ore. Un’ intera giornata ad occhi sgranati e bocca aperta. Abbiamo combattuto contro una foresta, ne usciamo vincitori, ricoperti di foglie e resina. Piango di notte, riscaldandomi le mani vicino a un focolare acceso contro voglia e senza respirare. Non esiste una forma minore.