L’autostrada
L’autostrada scorre bollente sotto le ruote, stranamente vuota. Partire di venerdì 31 si sta rivelando sempre più una buona pensata. La mattinata è piena di sole, vivida, energica. Il display del cruscotto segna a tratti oltre 40 gradi nonostante proceda sopra i 120 orari. Robin Schultz e la sua “Sugar” a farmi andare su e giù col mento, lo specchietto retrovisore che restituisce l’immagine della mia bocca increspata in un sorriso di compiacimento. Centocinquanta chilometri già incassati in un colpo solo, la lancetta del carburante appena spostata, giusto per rassicurarmi che non spenderò un botto per questa strana vacanza che ho deciso di fare, un viaggio in auto da solo, io, la macchina e i pensieri. Da solo con la mia testa, senza possibilità di fuggire, di distrarsi, senza alcun tentativo consolatorio di chicchessia.
Da sé stessi non si può scappare, le paure ti rincorrono nello spazio limitato della scatola cranica, e per quanto tenti di sbatterle fuori non usciranno se prima non le uccidi. Ma devi farlo lì, in quello spazio angusto, dove le manovre di difesa si muovono in affanno
Un cavalcavia, poi la campagna, un tratto costiero alla fine di un discesone in curva, con l’auto che decisa si oppone alla forza centrifuga che sembra quasi voglia farmi lambire il mare. La musica mi galvanizza, mi fa sentire un’atleta in gara, uno che deve farcela, uno che non si lascia andare. Ma realizzo che anche la radio mi distrae. Premo il pulsante, zittisce, premo anche quello del climatizzatore, schiaccio l’alzacristalli e l’aria di Calabria mi investe torrida in pieno viso. Sono disidratato, me ne accorgo dal fatto che non ho bottigliette vuote sparse sul pavimento e soprattutto che dopo diverse centinaia di chilometri non mi sono fermato una sola volta per pisciare. La mente ha una forza davvero superiore, evidentemente stava troppo bene in mia compagnia che ha evitato di disturbarmi per farmi entrare in un cesso autostradale. Ma ormai non posso rimandare. Approfitto per acquistare il biglietto del traghetto per attraversare lo stretto. Comodo prenderlo prima, mi metterò subito in fila. La signora davanti a me si gira diverse volte e mi fissa. La guardo sorridendo a mezza bocca come per invitarla a chiedermi ciò che le passa per la testa. Nulla, paga in fretta e va al banco dei panini. Peccato, ero curioso di capire cosa la incuriosisse di me. Non credo fosse tanto evidente il mio status di automobilista solitario. Rimarrà un mistero.
L’umanità da autogrill meriterebbe un approfondito studio antropologico. I ricercatori avrebbero un campione umano davvero rappresentativo
Viaggiare da soli offre il vantaggio di non dover dar conto a nessuna esigenza se non le tue. Il lusso di fare il guardone alla stazione di servizio, non mi era mai capitato. Nessuno a ricordarmi che fossimo in ritardo sulla tabella di marcia, nessuna spinta a sbrigarsi, nessuna ansia indotta o trasmessa. Certo le abitudini di animale sociale sono dure a morire e più di qualche volta mi sono accorto di guardarmi intorno pronto a chiamare qualcuno per rientrare in macchina. E no, stavolta non c’è nessuno, posso decidere se mi va o meno di continuare a guidare o fare notte davanti ad un distributore di carburante, intento a valutarne il design, ad immaginare il tizio incaricato di tracciare le linee di questo scatolone. Quanto si sarà impegnato per definire l’aspetto di queste pompe? Ci avrà dormito la notte? Quanto l’avrà pagato la compagnia petrolifera? Chissà se in un’altra vita sarei stato buono a disegnare pompe della benzina! Stare tanto tempo da solo devo dire che è un esperimento sorprendente. Ci si accorge finalmente di quanto si possa essere folli, liberi, senza briglie, di cosa si è capaci di congegnare con il cervello, dei tuoi reali interessi, di quale misura di onestà intellettuale si possa raggiungere senza i binari sui quali pur non sapendolo viaggiamo ogni giorno. Mai un sentiero scomodo, mai una strada secondaria, mai fuori schema. Regole, regole, regole, e ancora regole. Ma chi le inventa mi chiedo.
Il traghetto a Villa San Giovanni è già al molo e sta ingoiando auto una dopo l’altra, tra qualche minuto toccherà a me. Neppure mezz’ora e sarò in Sicilia. Quando sbarcherò prenderò una direzione, non so quale per adesso, ma vorrei fosse in ogni caso la via verso la libertà, una libertà da portarmi dentro per sempre.