Bloccato nella festa
Sono bloccato nella festa, tra bancarelle illuminate con lampadine a risparmio energetico e in sottofondo il rumore del gruppo elettrogeno (che non è un gruppo di musica folk). Passando alle spalle di una di queste bancarelle, si sentono i fumi della benzina che brucia e si disperde nell’ambiente.
A quattro passi dalla piazza con la fontana, le giostre. Illuminate da luci fluorescenti al led. Gli altoparlanti trasmettono una nostalgica musica dance anni novanta, alternata a qualche pezzo di recente fattura. Penso a chi me l’abbia fatto fare. Venire sin qui, a pochi passi da casa mia. Per giunta dopo una giornata lavorativa. Per fortuna la compagnia è buona. Mio cugino sembra spaesato quanto me. Le luminarie sembrano averlo colpito negativamente. Ma lui è giustificato. Non frequenta spesso queste feste. Per un attimo lo perdo di vista e mi blocco. Il vociare intorno diviene un unico ronzio. L’odore di fritto e di caramello mi spacca le narici e lo stomaco. Ora sento fame. Vedo e sento le pizzelle (la pasta cresciuta fritta in abbondante olio utilizzato per chissà quanti quintali di impasto) che mi chiamano da dietro la vetrina resa opaca dal sale e dall’olio. Vorrei cedere al richiamo, come Ulisse cede alle sirene. Di tanto in tanto qualche figura mi distrae, ma riesco a seguire la totalità dello spettacolo.
Le persone che passeggiano attorno a me sembrano ombre di anime perse in un purgatorio terrestre. Penso: chissà se in purgatorio fanno le stesse similitudini. Non riesco ad uscire. L’odore di fritto si infittisce. La signora delle spighe abbrustolite mi saluta. La conosco quanto basta per poter ricambiare con un cenno il gesto di cortesia. Il richiamo delle frittelle si intensifica. No, questa volta non cedo, oggi è il giorno per opporre resistenza.
Distolgo lo sguardo dalla vetrina e mi pare di sentire chiaramente: sei un vigliacco, ti facevo più coraggioso. Non rispondo alla provocazione e faccio alcune riflessioni su quanto sia cambiato il mondo e su quanto manchi il rispetto per le persone. Sì, sono proprio ragionamenti da vecchi. Ma di frittelle così impavide non ho memoria. Poi d’improvviso uno strattone. Mio cugino che richiamando la mia attenzione mi avvisa che siamo giunti sotto al palco, col grande artistone che sta per iniziare il suo show per indigeni. Provo a concentrare lo sguardo sul palco. Di tanto in tanto qualche figura mi distrae, ma riesco a seguire la totalità dello spettacolo. Due ore di buona musica, imitazioni e (poche) risate. Sul palco ora le luci sono spente. Per sgranchirmi un po’ il collo roteo la testa in senso orario. Dal basso verso l’alto. E noto con piacere che si è formata la classica tela di Penelope. Un’unica nuvola grigia che sovrasta la zona. Nessuna nuova. Il segnale che è tutto come prima. Nessuna nuova, buona nuova. Purtroppo non sempre è così.