Il calcio spiegato all’impiegato della Regione
Non è facile. Fondamentalmente a loro questo sport in cui tutti corrono, scattano, si organizzano, sudano – mih quanto sudano -, non ci piace.
Ancora ancora il ruolo dell’allenatore gli garba un poco, almeno sta seduto, certo si agita, ma si agita per quello che fanno gli altri, guarda i suoi giocatori e ci jetta vuci, grida come uno stambecco: ecco, l’impiegato della Regione in queste cose ci si trova, dalla sua scrivania sbraita contro i colleghi assenti per riposarsi, e dice che non fanno mai niente, che il gioco è fermo.
Di quelli che stanno in campo, l’impiegato della Regione mai ricoprirebbe il ruolo di regista, a lui non gli interessa dirigere, lui è – assai assai – di rifinitura, potrebbe fare il centravanti, mettersi tranquillo davanti la porta e, se gli passano la palla – ma non necessariamente –, con un piedino spingerla dentro la rete, però la palla deve essere passata bene, proprio sul piede, che se già gliela passano ad un metro di distanza, lui preferisce fare andare il gioco avanti.
Alla difesa l’impiegato della Regione potrebbe adattarsi, la difesa la svolge per sua natura, che a lui lo attaccano spesso, ma se proprio dovesse scegliere, il miglior ruolo è la panchina: bello assittatu che talia il gioco degli altri, all’ombra d’estate, o con una bella giacca di piumino d’inverno, che certe volte si gioca che la temperatura è veramente bassa, e in ogni caso al coperto della tettoia, ottima per ripararsi dalla pioggia.
Sempre che quel cornuto dell’allenatore non gli venga l’idea di fare una sostituzione e allora lui, facendo la fine del crasto, è costretto a spogliarsi e andare a giocare
In questo caso l’impiegato regionale in campo si riconosce, è l’unico che non tocca mai la palla, e se gliela passano, lui fa una finta troppo bella e la scansa, che la palla se ne va dritta dritta altrove, in un altro ufficio. Non lo fa per male, è la sua natura.