Guarito. Salvo. Vivo.
“Visto che sono di passaggio la chiamo e la saluto visto che non si sa mai che…”
Mi hai salutata così dopo esserci venuti incontro, un abbraccio veloce, e via per un “caffè al volo”, come i nostri al Circolo, o in saletta alle macchinette fuori dall’ufficio. Erano bastate poche settimane per diventare amici. Non basterà una vita intera per smettere di esserlo.
La barba rossa si è fatta bianca, i capelli rasati ti stanno bene, i lineamenti si sono assottigliati, ma il tuo aspetto, unico, non è cambiato.
Non ci si vede più di sovente come prima perché io me ne sono dovuta andare dal quel posto di lavoro che tanto mi piaceva. Non era tanto il lavoro di per sé, in realtà facevo poco di quello per cui ero stata assunta e tanto invece di altri compiti che avevo imparato ad eseguire grazie a voi, a te che nel tuo silenzio di uomo di poche ma buone parole, dai così tanto. Mi alzavo all’alba contenta di passare ore a guidare solo per raggiungere un edificio dove sapevo ci saresti stato tu, con gli altri di voi, sempre gli stessi, cresciuti insieme.
Oggi ti guardavo mentre facevi seguire una parola dopo l’altra raccontandomi i tuoi dolori e facevo finta che tutto andasse bene, concentrandomi sul tuo accento che non mi stancherei mai di ascoltare. Mantenendo una parvenza di calma e accettazione assorbivo la tua storia mentre ripetevi più volte “io sono sereno” e non voglio che il desiderio che mi stringe la bocca dello stomaco, quella voglia di volere rompere tutto e fare qualcosa martellandoti di “ma hai chiesto a qualche altro medico? Ma non si può fare un’altra operazione? Ma altre alternative?”… ti mettano ansia. Taccio. Rifletto. Hai una moglie dolcissima che ti sostiene come una colonna portante del Partenone – seppur a pezzi ancora splendido – e so che l’affetto degli amici non ti manca, eppure vorrei poter far qualcosa…
Io sono sereno
Ti ho parlato ingenuamente delle letture, e di tutto ciò che di alternativo ci può essere a ciò che è considerato accettabile e canonico, e per quanto possa sembrare stupido io ci voglio provare. Voglio credere che dove non arriva la medicina tradizionale, sopraggiunga l’affetto e la potenza della – chiamiamola – energia positiva che ogni essere vivente può convogliare in un unico grande sforzo per aiutare qualcuno. Non starò qui a spiegare cosa, come e quando, se sia vero o meno, vorrei solo che chi legge si immagini la scena con il mio stesso affetto, aprendo il cuore mentre ti visualizza nel tuo splendore. Reale. Ciò che pensi- e immagini- succede.
“E’ quasi la fine dell’estate, dopo anni passati a rincorrere sogni che si perdevano in ogni dove, anche lei è finalmente riuscita nel suo scopo. E’ giunta al punto di non ritorno, e mano a mano che vi si avvicinava, il cuore le si riempiva di gioia perché avrebbe mantenuto la sua promessa. Mille sacrifici l’hanno accompagnata nel percorso ignorante della scrittura in un mondo che si è dimenticato cosa significhi leggere, per il puro piacere di farlo, o anche solo per informazione. Mentre sorvola le Alpi con l’ultimo aereo per Venezia, non può fare a meno di sorridere, impaziente di pronunciare quel “te l’avevo detto“.
Lui sta uscendo di casa, Sally lo saluta amorevolmente come sempre. E’ un po’ segnata dal tempo e dai passati eventi, ma la sua serenità è ormai reale. Borse nere al seguito, non dimentica mai il “cannone”, che alberga sempre in quella Citroen Berlingo che ormai ha fatto la storia. E’ tempo di andare al Lido, campeggiare al San Giuliano, ormai una casa per un fotoreporter con i… titoli, come lui. Quella cicatrice gli ricorda sempre quanto poco c’è mancato. Ma appunto, è solo un ricordo. E’ guarito, con non poco sgomento dei medici che però, come tutti, ci hanno provato fino in fondo. E hanno vinto. Lui ha vinto. Su tutto e tutti, perché era così che doveva essere. C’era una promessa che gli era stata fatta e doveva per forza essere mantenuta.
Lui sa tutto, sa dove appostarsi, sa quando scattare, sa quanto osare. Sa essere il migliore.
Dopo il caffè al volo del pomeriggio, è pronto a partire. Una volta avrebbe terminato con una sigaretta, ora non più. Le spalle un po’ indolenzite dal peso degli obiettivi, il viso un po’ segnato dagli anni trascorsi in ripresa assoluta, ma lui si porta fuori dal Palazzo del Cinema, con il suo passo caratteristico, spedito quasi in marcia, reminiscenza del suo passato impiego. Dal borsone della macchina fotografica ciondola ancora un portachiavi in acciaio a forma di canguro azzurro, sbiadito dal tempo.
La nuova sceneggiatrice italiana, adottata dal pubblico americano e accompagnata da attori in ascesa, scende dall’acqua- taxi scoppiando in una sonora risata al pensiero di quando, una decina di anni prima, le sembrava improponibile salire su un taxi veneziano dato il costo e la poca necessità considerati i mezzi pubblici per comuni mortali sempre funzionanti. Con il team a seguito però ha dovuto rispettare la procedura mai desueta. Alcuni giornalisti e fotoreporter cercano di attirare l’attenzione sia dei protagonisti del film in concorso, che degli addetti ai lavori – registi, sceneggiatori, produttori- per aggiudicarsi quella parola o quello scatto che garantirebbero un’uscita utile in quotidiani, riviste, telegiornali e quant’altro.
Era il lontano dicembre del 2012. Si parlava di sogni e di progetti futuri. Lei: “E quando ce l’avrò fatta tu sarai lì ad immortalarmi, e mentre tutti vorranno l’esclusiva, io mi volterò solo per te.” Lui: te lo auguro di cuore.
Era il lontano dicembre del 2012. Si parlava di sogni e di progetti futuri. Lei: “E quando ce l’avrò fatta tu sarai lì ad immortalarmi, e mentre tutti vorranno l’esclusiva, io mi volterò solo per te.” Lui: te lo auguro di cuore.
E adesso è qui, a mantenere la sua promessa. E lui con il suo accento mai dimenticato la chiama “Sono qui (S)Ciccia“. Tre parole che risuonano dolci e necessarie come a chi desideroso di matrimonio suonerebbe un “Vuoi sposarmi?”
E’ qui. Guarito. Perfetto. Ancora sotto controllo, ma senza preoccupazioni. Sta bene. Non è solo sopravvissuto, è vivo. Più che vivo. E’ il fotoreporter più figo del mondo, ed è qui -anche- per lei. Per la sua esclusiva. Lei si volta solo per lui, uno scatto a pieno volto ad immortalare la gioia ed uno un po’ meno zoomato, per confondere i segni delle lacrime di gioia e di sollievo.
“Sei qui. E ci sarai ancora per molto”.
Guarito. Salvo. Vivo.
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