L’estate in Costa Smeralda
Fin da piccola mi sono resa conto di essere nata e cresciuta in una famiglia medio/agiata. Negli anni ’80 avere un’attività commerciale significava vivere appunto una vita abbastanza tranquilla e serena. Oggi, purtroppo la cronaca ce lo ricorda spesso, il commercio non da più queste fondamenta, anzi. Ma questo è un altro discorso. Dicevo, essendo figlia di famiglia lavoratrice e onesta, l’estate era il momento in cui finalmente il mio babbo non doveva più svegliarsi alle tre e trenta del mattino e poteva finalmente passare un po’ più di tempo con noi. Il fatto che potessimo permetterci qualche piccolo lusso in più rispetto ad altre famiglie si respirava da tante piccole cose: la scuola privata gestita dalle monache, lo sport, la pizza il lunedì sera, il cinema, spesso il teatro Sannazaro e -come dicevo- un mese intero di vacanza. Quand’eravamo piccini, mio padre ci caricava in camper e senza nemmeno un briciolo di Tom-Tom giravamo mezza Europa. Poi, diventati adolescenti, mio fratello ed io volevamo metter radici e quindi abbiamo fatto pressioni per i villaggi. Diventati ancor più grandi e fidanzati, abbiamo spinto per andare in Sardegna, nell’Eldorado della Costa Smeralda. Smaila’s, Bilioner, Porto Cervo, Porto Rotondo erano agli occhi di noi diciassettenni il paradiso. Era ancora lontano il Rubi gate, la coscienza politica ed ideologica, e i piccoli personaggi e le varie starlette della tv in me suscitavano un certo fascino. Poi sono cresciuta. Giuro. È un po’ come la storia di Masini… poi si cresce e i gusti cambiano. Ti si inizia a muovere dentro quello spirito critico e cominci a farti delle domande. Te le fai nella discoteca Sottovento, dove vedi gente ai tavoli ordinare bottiglie di Magnum e tu, benestante e assetata, non puoi prenderti un’altra consumazione visto che la prima l’hai pagata cinquanta mila lire (che a quei tempi erano un’enormità).
Te le fai passeggiando per le viuzze di Porto Cervo volendo fare un po’ di shopping, ma decidi di farlo al rientro, nel tuo bel centro commerciale vicino casa. Te le fai soprattutto camminando sul molo vedendo le barche, gli yacht ormeggiati e meravigliandoti per le cascate di fiori sulla poppa degli stessi, cascate che lontanamente sogni il giorno del tuo matrimonio. Te le fai quando da benestante ti meravigli dell’elicottero parcheggiato con una certa disinvoltura sul ponte più alto del panfilo nero con bandiera degli Emirati Arabi. E poi pensi che tuo padre si sveglia alle tre del mattino per andare a lavorare. Mentre rifletti, prendi il distacco da tutto quel mondo, prendi il distacco dalle pietre finte e arrotondate che si trovano all’ingresso delle varie località, prendi le distanze dalle starlette che tutto ad un tratto ti sembrano oche starnazzanti, e prendi contatto con la terra. Perchè tu benestante, in vacanza lì, non sei altro che un poverello. Ti senti in una scena di Miseria e Nobiltà.
Ma se c’è una cosa che a me fa impazzire, sono proprio gli spaghetti alla poverella, questa è la mia ricetta!
Mettete la pentola colma d’acqua sul fuoco. Quando bolle, buttate gli spaghetti aggiungendo il sale. A metà cottura in una padella friggete un uovo ad occhio di bue. Scolate la pasta e conservate l’acqua di cottura. Trasferite la pasta nella padella dove c’è l’uovo, aggiungete l’acqua e abbondante parmigiano grattugiato. Io ci metto anche il pepe.
E che meraviglia!
Nel momento in cui scrivo l’articolo, apprendo della morte di Robin Williams. Quant’è vero che i soldi non fanno la felicità. Ciao.