Nonostante tutto, possiamo ancora trascendere
Abbinata particolare oggi. Provate ad indovinare cosa mi ha fatto accomunare la ricetta e la lettura.
Una delle mie ultime letture è stata “I Versi Satanici”, di Salman Rushdie. Un bel mattone come non ne leggevo da un pezzo, troppo pressata da studio, tesi, corsi di formazione vari. Invece il mio mese di vacanza l’ho in parte dedicato proprio a questo proposito rimasto in sospeso.
“I Versi Satanici” è un capolavoro, confermo. Leggendolo si riflette, si ride come non mai, si sogna in quel realismo magico a stampo indiano, si fanno piroette insieme ai personaggi, si critica il mondo reale e quello creato dall’autore. A tratti quasi si piange, anche.
Non è però compito di “Cosa borbottano le pentole” recensirlo, quanto invece proporne alcune citazioni.
Ne ho scelte quattro:
“Sai perché in realtà sono andata lassù? Non ridere: per sfuggire al bene e al male”
Questa è la frase di Alleluia Allie Cone, che intraprende la scalata di un’ostica montagna. Leggendola mi sono comparsi i baffoni innevati di Nietzsche in mezzo ai monti, e la liberazione profonda che Allie cerca nella desolazione gelida delle rocce mi è parsa una prospettiva allettante quanto pretenziosa.
“Ciò che segue è tragedia. O, almeno, eco di tragedia, poiché l’originale autentico non è, a quanto si dice, alla portata degli uomini e delle donne d’oggi. Una parodia per la nostra epoca degradata e imitativa, in cui i pagliacci riprendono ciò che fu fatto in origine da re ed eroi.”
Qui si ripropone l’ormai paradossalmente antico tema della contemporaneità in cui il vero dramma è assente, il motto pirandelliano dell’umorismo contro la comicità, il procedere di re pallidi e uomini senza qualità. Però Rushdie lo spiega bene e fa centro. E poi, citando i clown, è certo che mi colpirà con più facilità.
“Non c’è da meravigliarsi se non riusciamo a restare concentrati a lungo su niente; non c’è da meravigliarsi se inventiamo meccanismi di telecomando per saltare da un canale all’altro. Se volgessimo questi aggeggi verso le nostre persone, scopriremmo più canali di quanto ne abbia mai sognati uno zar dei cavi o dei satelliti”
L’immagine dell’uomo-televisore fa sorridere, nonostante sia in parte amara. Amara perché ci paragona a robot, sì, ma al tempo stesso va a puntare il dito in faccia ai miliardi di “io” che si nascondono dentro ognuno di noi, e questo inno alla molteplicità, alle sfaccettature dell’identità mi garba assai.
E concludo con un’ultima frase:
“Nonostante tutto, possiamo ancora trascendere.”
Bene. Questa frase, presa in maniera isolata, a sé stante, esprime secondo me il Big Bang che c’è dentro ognuno di noi. È quello il modo in cui possiamo trascendere. Un modo imperfetto, un “trascendere nonostante”, zoppicante. Però non meno luminoso. Stamattina, leggendo “Geologia di un padre” di Valerio Magrelli, mi sono trovata di fronte la parola “ascensionale”. Cammino ascensionale. Distratta dal sonno che, appena sveglia, gravava ancora sulle palpebre, ho letto “ascensoriale”. E mi è piaciuto mantenere quest’idea: la quotidianità odierna lascia poco margine al paragone religioso dell’ascensione con tutto il carico che questa parola si porta appresso. Più adatto è forse il parallelismo dell’ascensore. Ma di questo parlerò poi: ci aspetta un bizzarro approfondimento proprio sull’ascensore.
La ricetta:
Spaghetti di farro con melanzane grigliate, caprino fresco, basilico e bis di pomodori
Ingredienti:
- Spaghetti di farro
- Melanzane
- Caprino fresco
- Pomodori secchi
- Pomodorini
- Olive
- Aglio, prezzemolo, origano, olio, peperoncino, pepe
Soffriggete aglio e peperoncino in una padella. Nel frattempo, affettate le melanzane e lasciatele qualche minuto a mollo con olio, sale, pepe e aceto. Aggiungete i pomodorini al soffritto e lasciateli appassire. Poi è il turno delle olive e dell’origano. Passata una decina di minuti, grigliate le melanzane che avete lasciato marinare e poi unitele in padella, insieme anche ai pomodori secchi a striscioline. Lessate la pasta e deponetela ancora al dente in padella. Sfilacciate parecchie foglie di basilico e lasciate cuocere un minuto la pasta con il suo sugo. Una volta pronto, potete disporre nei piatti e decorare con fiocchi di caprino e un filo d’olio a crudo. Il caprino sulla pasta tiepida tenderà a sciogliersi e formare una cremina saporita: la pasta è buona sia amalgamata che mantenendo i sapori distinti. Degustibus!
Chiaramente, il fil rouge improvvisato sono le corna: quelle del diavolo di Rushdie e quelle delle povere innocue caprette il cui formaggio abbiamo inserito nella ricetta qui proposta.
Alla prossima!