Temptation Island
Smettetela di negarlo, o vi verrà il naso lungo come Pinocchio. O peggio, le gambe corte come la sottoscritta. Nelle scorse sei settimane tutti almeno una sbirciatina su canale 5 il martedì sera l’avete data.
L’oggetto di questa settimana è per l’appunto un programma televisivo: Temptation Island. Giusto per chi perseverasse nella farsa del non-ne-so-nulla, si tratta di una trasmissione costruita sull’omologo format americano che racconta le vicende, i destini e soprattutto le reazioni di sei coppie non sposate e senza figli chiuse per sei settimane in un villaggio. Gli uomini da una parte, le donne dall’altra. Piccolo dettaglio: in entrambi gli schieramenti (genderizzati) sono presenti dodici donne e dodici uomini (single) pronti a tentare i Renzi e le Lucie della situazione. Sia le e sia i partner ufficiali possono scegliere un tentatore/una tentatrice con cui trascorrere due giorni in solitaria, perfidamente ripresi dalle telecamere e mostrati poi ai rispettivi fidanzati. Al termine di ogni settimana, giusto per rinsaldare i nervi dei concorrenti, ai ragazzi e alle ragazze vengono mostrati i video che immortalano i comportamenti di compagne e compagni. Alla fine, durante i falò conclusivi (non scordatevi che siamo su un’isola, quest’anno era la Sardegna, Santa Margherita di Pula) si vedrà se le coppie iniziali sono ancora tali… o se il loro amore non era forse così forte da resistere a qualche paia di chiappe sode e di muscoli tesi.
Una sfida? Un gioco di resistenza? Sicuramente una prova di coraggio, che tuttavia lascia ampi spazi bianchi da scrivere sul significato della parola amore e sulla tentazione come istinto più o meno controllabile. Partendo dalla prima, è ormai divenuto un termine tanto abusato quanto temuto. Ma l’impressione è che ci sia una tendenza in atto, una sorta di moda simile a quelle che fanno odiare il Natale e criticare San Valentino: Io ti amo non lo dico, valgono i fatti, non le parole. E ancora: l’amore non esiste, esiste solo un’attrazione animale unita al sentimento intelligibile. Tutti ragionamenti plausibili, molto radical chic, in vero, che fanno quasi rimpiangere le carie ai denti provocate da quei troppi ti amo e quei tantissimi amore detti magari troppo presto, magari senza ponderare per bene, ma senza dubbio più spontanei di questa (cinica?) analisi bio-antropologica.
E poi ci sono le tentazioni. Quando ho assistito per la prima volta alla trasmissione, devo ammetterlo, una risatina mi è scappata. E che vi aspettavate, belli e belle? Avete per caso confuso gli ormoni con i neuroni? Osservando i comportamenti delle coppie, in effetti, ho notato che i primi prevalevano sui maschi e i secondi sulle donne. Il tradimento, vero o presunto, c’era in entrambi i casi, con la differenza che per gli XY l’origine stava sotto l’ombelico, per le XX sotto l’ipofisi (una ghiandolina endocrina collocata alla base del cranio). I primi tradivano per alzata di pene, le seconde per alzata di testa, cioè per non essere da meno dei partner.
Non ci sono colpe, solo considerazioni. Tra cui che, per quanto la natura crudele ci abbia dotati di ormoni dispettosi, ci ha altresì predisposti, da dopo la prima infanzia, per controllare i nostri istinti. Anche quelli sessuali. La ripicca, per carità, non è meno deprecabile, ma almeno ha un suo perché ed è nella maggior parte dei casi spinta dal dolore provocato e non dalla volontà di provocarne.
Alla fine, dopo corna e scornamenti, provocanti bagni in piscina e cene della seduzione, tutte le coppie (eccetto una, che aveva già lasciato il programma) si sono riaccoppiate a suon di lacrime, di ti amo e di perdonami. Ovviamente precedute da insulti. E seguite da staremo insieme per sempre.
Ma, mi chiedo io, non è già abbastanza complicato questo fantomatico amore? Bisogna proprio irrorarlo di salsa sado-masochista?