La politica è morta
La passione politica ha concluso un ciclo, almeno nella terra degli Itali. Non c’è da farsene una dramma. Gli eventi hanno prodotto solo lotta, conquista del potere. Che è solo un pezzo, essenziale, della politica. La ragione è molto semplice, naturale. Non c’è un pensiero coerente che guidi i gesti e le scelte della politica. Quegli infami sistemi di pensiero, che andavano sotto il nome di ideologia, non ci sono più. E quindi , poiché una linea ci vuole, per quanto raffazzonata, ecco che si è creato un gigantesco mercato del bricolage del pensiero politico. Un complessivo “fai da te” nel quale a dettare la linea è la convenienza, senza neppure la remora, ormai sparita, di andare contro un pensiero consolidato. E’ giusto, buono e democratico quel che mi si confà. Tutto è immaginato e prodotto su misura, nemmeno più su taglia. Un pensiero guida di sartoria, senza più grandi stilisti dell’anima e della passione. Si vagheggiano mondi migliori, purezze abbacinanti, sogni che si realizzeranno. Ma ciascuno per sé, con l’unico obbligo di convincere gli altri che ciò che è buono per me, di riflesso, sarà buono per loro. L’effetto diretto e immediato è la natura del dibattito, non quello stantio televisivo, tra le persone: unici argomenti soldi e lavoro. Non che non siano decisivi. Ma senza un supporto, una base culturale, emotiva, di “principio”, scadono in tecnicismi confusi, in statistiche arruffate e non creano grandi movimenti, quelli che hanno più volte cambiato nazioni e continenti. Diciamo che si assiste a una politica molto minimalista nei contenuti, ma barocca e colorata nelle terminologie. Conta lo stupore, l’esercizio ginnico mentale. Il ragionamento è frantumato, il sillogismo anoressico. Tutto è perentorio e indimostrato. E come tutto, un giorno anche questo finirà. Ma chissà quando.