Mesa Longa, una piscina naturale
Tanto per cambiare fa caldo. Tanto per cambiare decido che il mare dietro casa posso vederlo ogni giorno. Tanto per cambiare andiamo a sa Mesa Longa, un mare che non so come sia perché non ci sono mai stata, ma si trova a Oristano ed è la buona occasione per cambiare aria e rivedere vecchi e nuovi amici. L’alba però non fa per me, né per mio figlio che ha preso da me il piacere di svegliarsi col sole bello alto. Ci prepariamo di corsa, ma sono già le undici, ormai è assodato che arriveremo per l’ora di pranzo, e che sarà mai, non abbiamo fretta. La strada per Oristano è una cicatrice nera di asfalto e lavori in corso, quella che chiamano SS131 e che ha anche un nome altisonante, Carlo Felice. Il sole picchia come ogni anno a quest’ora e in questa stagione, per fortuna abbiamo l’aria condizionata. Passiamo a prendere la mia amica Deb che ci fa da Cicerone e ci porta alla spiaggia di Sa Mesa Longa.
Questa si trova nella porzione centro occidentale della Sardegna, poco più su della penisola del Sinis, quasi di fronte all’isola di Mal di Ventre, Maluentu in sardo. Appena arriviamo alla spiaggia mi trovo davanti uno scenario davvero particolare: una lunga distesa di terra brulla con ciuffi di Ho sempre odiato la musica al mare, sempre, da sempre e per sempre. Trovo incivile antidemocratico e un po’ fascista che uno imponga agli altri la sua musica.
Acqua dai colori vividi, talmente trasparente che puoi vedere tutti i pesciolini. La sabbia poi non è sabbia, è una miriade di frammenti di conchiglie, un po’ fastidiosa a dire il vero perché rimane tatuata li anche se la sfreghi via. Tutto è magnifico, la temperatura dell’acqua è gradevole e mio figlio ha già trovato delle amichette con cui giocare. La gente attorno ha sguardi amichevoli. Alla mia sinistra distinguo perfettamente un accento romano che a dire il vero un po’ mi mancava. Dietro il nostro ombrellone un gruppo di ragazzi gioca a carte e impreca in limba. La giornata scorre tranquilla tra tuffi e sole, tra racconti e risate fino a quando arriva lui. Lui. Il turista locale o il locale turista autoctono solitario. Lui che ha un costume raccapricciante rimboccato sulle natiche tipo pantalone da paggetto. Lui che ha un petto villoso e una testa a biglia. Lui con quella sua maledetta radio. No anzi, non è una radio è un fottutissimo cubo speaker. Già, questa moda degli speaker.
Ho sempre odiato la musica al mare, sempre, da sempre e per sempre. Trovo incivile antidemocratico e un po’ fascista che uno imponga agli altri la sua musica. Mettiti le cuffie, oggi ce ne sono di veramente high-tech, perché devi sfarfallarmi l’apparato riproduttivo? Niente. Almeno una volta, quando si portava il vecchio radione con le pile da chiletto l’una, c’era la speranza che dopo aver sollevato un po’ di più il volume o mandato indietro il nastro, si iniziasse a sentire un gracchiare che annunciava l’esaurimento delle pile e poi basta, il silenzio. Ora no, questi maledetti speaker bluetooth durano una follia, non c’è verso. Mi sciroppo la musica trash anni ’80 anche quando il caro vicino va in acqua e si atteggia a sirenetto crogiolando i suoi rotoli di grasso nel bagnasciuga tra sole e spuma. Sento già un odio profondo e un disgusto che rasenta la pena. Ma tant’è, il sole inizia a salutare da sopra la mesa, è ora di andare via.