Games of cones
Games of cones, una guerra che non puoi combattere standotene seduto sul divano e tifando per gli Starks, i Baratheon, i Lannister o i Targaryen. Te la devi sudare, col caldo carontino e ancor più col freddo circeo. Di gelateria in gelateria.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: chi ama davvero il gelato la coppetta non la prende nemmeno in considerazione. Perché i gelatofili sono spiriti liberi, in grado di consumare la loro passione selvaggia e vorace anche passeggiando elegantemente per strada con i tacchi o con la camicia bianca. Un po’ come fare l’amore gridando con grazia.
Ne deriva che il cono sia un elemento di fondamentale importanza non solo per l’esperienza palatale, ma anche per la quotazione della gelateria considerata. Sono poche le botteghe che di primo acchito vi servono la gustosa miscela in un cono come si deve. Nella maggior parte dei casi in bella vista ci sono i coni wafer. Gente, tenete bene a mente questo nome, perché è il nome del vostro nemico numero uno.
Guardateli, sono lì, impilati come soldatini alienati sopra al bancone. E che voi chiediate un gelato da due, da tre, da quattro (o beh forse oltre il gelato non ci starebbe) euro, il gelataio sarà pronto a rifilarveli. È lo standard per tanti negozi: un cono chiamato “wafer” ma che in realtà ha la stessa consistenza del cartone e spesso si spezza davanti alla maldestra violenza del commesso stagionale che non riesce a spatolare correttamente la crema sulla base geometrica. Tenga tenga, si scioglie, si affretta a urlarvi il ventenne malcapitato, che da una parte non vuole far scoprire al titolare di essere stato un po’ troppo generoso con il secondo gusto e dall’altra sa che presto crema e cioccolato saranno un tutt’uno con il fazzolettino di carta appiccicato attorno all’orrido esemplare.
Due sono i principali problemi del cono-cartone: la sua inconsistenza, che mal si abbina alla cremosità del gelato (mica puoi mettere due cose flosce assieme, lo sa anche quel tronco d’albero rosso che Ferrero ha reclamizzato: croccante fuori morbido dentro). Insomma, fragile il cono, molle ma pesante (per il suo alto contenuto di liquidi) il gelato. Tragedia. Qualcosa finirà a terra spappolato.
I gelatofili sono spiriti liberi, in grado di consumare la loro passione selvaggia e vorace anche passeggiando elegantemente per strada con i tacchi o con la camicia bianca.
Ma nessuna guerra può dirsi imbattibile e tanto meno nessun gelataio. E così eccovi sfoderare l’arma d’acciaio, quella che farà del vostro un indiscusso trono di spade sul regno del gelato. Chiedete i coni cialda. Anche detti semplicemente cialde. E’ davvero raro che non ce li abbiano. Alcuni hanno solo quelli, addirittura. Altri li tengono ben nascosti ma li tirano fuori davanti al cliente che con faccia furba li reclama. Li dovrete pagare – se non sono l’unica scelta del locale – 50 centesimi in più, ma se considerate che tanto il cono di cartone sarebbe finito nel cestino quanto meno a metà, non ci perderete nulla. Anzi.
Ci saranno anche i gelatai furbetti che legittimeranno la loro mancanza di cialde affermando che il vero gelato si gusta solo nel cono wafer: potete rispondere loro tranquillamente che non è vero, basta che la cialda non sia troppo dolce o ricca di additivi chimici (cosa che per giunta è molto più probabile nel cono wafer). La verità è una sola: il cartone costa meno e i gestori dei bar-gelaterie sperano sempre di non essere coinvolti in provanti games of cones.