Vorresti un campo rom nel tuo quartiere?
Un paio di numeri per una meditazione e qualche considerazione. Un sondaggio, di un noto istituto di ricerca, di qualche giorno fa, ha posto due domande. La prima chiedeva: ospitereste un campo profughi nel vostro quartiere?
Forse a sorpresa, o forse no, il 49 per cento (contro il 45) ha detto “sì”. Altra domanda identica, ma al posto dei profughi i Rom. Risposta: 78 per cento “no”, contro un misero 17 per cento.
le diverse comunità nomadi dovrebbero riflettere, comprendere loro le ragioni degli altri, perché la comprensione non può essere monodirezionale
In un caso è riconosciuto un diritto alla fuga dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla fame, dall’inesistenza di un futuro, oltre al coraggio di affrontare viaggi nei quali la morte è un compagno fedele. Nell’altro caso non vi è alcun riconoscimento, nessuna concessione, solo una diversità intollerabile. Una appendice sociale che nessuno vuol vedere crescere nel vicinato.
E’ evidente che, come sempre, mettere tutto nello stesso secchio non è cosa saggia, né giusta. Ma questo deve aiutare chi deve prendere decisioni. Ma soprattutto dovrebbe spingere le diverse comunità nomadi a riflettere, a comprendere loro le ragioni degli altri. La serenità di analisi e di giudizio deve essere patrimonio comune, perché la comprensione non può essere monodirezionale.
Sempre che si voglia dare un futuro migliore a se stessi e ai propri discendenti. Da una parte e dall’altra.