Quando l’ispirazione non c’è
Cosa ci sta dietro agli articoli che leggete, apprezzate e condividete? Oppure, meglio ancora: quando scrollate altrove la rotellina accompagnando il tutto con un: che palle questo!, quando alla sola vista del titolo dichiarate a labbra semichiuse: si, vabbé, corcazzo che leggo, quando mossi a compassione vi degnate di aprire e alla vista dei quattro minuti di attenzione richiesti cliccate nervosamente la freccia indietro, lo sapete che ci sta dietro a tutto ciò? L’ispirazione, direte voi. Sticazzi, rispondo io.
Ve lo dico io, che ci sta. Ci sta uno che al posto del cervello non ha una fioriera di idee, che non sta tutto il giorno a pensare quali parole cucinare per voi il martedì e quali metafore servirvi il venerdì. Ci sta un tizio che spesso arriva alla sera prima della pubblicazione di un articolo stanco e privo di ispirazione, con l’occhio vitreo e la mente arida.
Che clicca “aggiungi nuovo articolo” e trova che la pagina, così candida e immacolata, sia un bel vedere e allora perché sporcarla di parole?
Che, riappropriatosi della propria dignità, decide di abbandonare la pagina alle sue sporcizie, curiosa nei vostri profili facebook e pur di non tornare all’articolo da scrivere legge anche i post più banali, considera le foto più insulse, cerca una parvenza di utilità nei link più demenziali. Qua e là smazza pure un paio di mi piace.
Che accende la televisione e si immerge nelle torbide storie di Chi l’ha visto. Quindi, desideroso di buone nuove, cambia canale e capitato su Mtv si chiede perché gli americani abbiano tutti la stessa mimica facciale. E quel modo di gesticolare sguaiato tipico delle ragazzine bionde è genetica o merito dei programmi delle primary school?
Che rispolvera il profilo twitter dopo settimane di inattività, valuta l’iscrizione a nuovi social (Pinterest: amore mai sbocciato), aggiorna LinkedIn, carica Instagram, rinfresca la mail, surfa siti pecorecci, valuta l’autoerotismo e quindi si arrende alla solita pagina vergata di parolacce e improperi.
E allora ripensa a quel tale che a scuola, nella verifica di chimica, scrisse a caratteri cubitali sulla pagina bianca: NON SO UNA FAVA. E il Prof, sfidato a singolar tenzone, che rispondeva in bella grafia: Ma pensa un po’, non l’avrei mai detto.
Ecco, potrei scrivere di questo. Magari un’altra volta, però. Perché in un modo o nell’altro anche stasera sono arrivato a digitare la parola:
Fine.
Se trovate l’ispirazione, ditegli che l’ho cercata.