Amicizia: la tua seconda pelle
Scrivere qualcosa sull’amicizia vuol dire camminare in bilico sul terreno scosceso delle ovvietà. La frase che meglio la racconta è tratta da Le conseguenze dell’amore, un film che in realtà non mi è piaciuto, per motivi di cui forse parleremo un giorno (ma anche no, che ve ne frega!), ma ha probabilmente trovato quelle quattro parole che, messe in fila, riescono a esprimere tutto:
Quando si è amici una volta, si è amici per tutta la vita.
Questa frase parla di distanze, addii, delusioni, perdoni e, certo, amore. Ha parlato un sacco a me, che a quattordici anni ho dovuto dire addio a tanti amici, ricominciando totalmente da zero in un’altra città.
I primi mesi sono stati quasi brutti. Quasi, perché a quell’età hai il gran dono della frenesia di vedere e fare nuove cose. La parte più brutta è il legame rimasto con gli amici lontani. Cerchi di tenerlo in vita, con telefonate e lettere. Sì, intendo proprio le lettere ragazzi, quelle manoscritte, che rendevano il girare la chiave nella toppa della cassetta della posta un’attività strabiliante, piena di attesa e sentimento, e non un gesto di resa nei confronti di enti pubblici o privati che vogliono i tuoi soldi. Ma non ce la fai a mantenerlo vivo quel legame. Perché la vita va così, ci risucchia nel vortice del presente. E il passato diventa solo un posto dove una volta siamo stati. Soprattutto quando hai ancora tutto da scrivere.
…cerchi con tutte le forze di rivedere i tuoi compagni delle elementari. Ti mancano? La verità? No, non ti mancano.
Perché, a quattordici anni, forse per superare lo shock, o forse semplicemente per problemi cerebrali personali, rimuovi tutto quello che puoi, per non sentire troppa malinconia. Rimuovi anche la memoria, come se fosse il microchip del tipo di una puntata di Black Mirror.
E così ridi come se sentissi storie che non ti appartengono, quando uno di loro racconta che il discolo della compagnia, una volta, fece pipì nel cestino della spazzatura, perché la maestra non lo mandava al bagno. E così dal niente, ci ho guardato un po’ da fuori e ho avuto l’allucinazione immensa di bambini di otto anni che bevono amaro del capo in un ristorante deserto.
Stessa cosa quando Facebook mi rimise in contatto, dopo sette anni, con quell’amichetta del cuore che avevo avuto per un po’, finché le lettere non diventarono troppo faticose da scrivere e quindi smisero di partire e arrivare. E passammo una settimana stupenda, senza rancori, a fare super riassunti che duravano ore, per aggiornarci nel più breve tempo possibile. E tornano alla mente ricordi passati, flash, a cui non hai più pensato: la canzone di Romeo+Juliet, con Leonardo Di Caprio ancora in età prepubere, che abbiamo ascoltato fino allo sfinimento quando uscì, senza capire una parola di inglese tra l’altro! I giochi con i vestiti di carnevale, le prime notti a dormire fuori casa.
Amici che adesso sono lontani, ma te li senti addosso come una seconda pelle
L’amicizia è meglio di una storia d’amore, per certi versi. Fa cose, mentre c’è, ma soprattutto mentre non c’è, che l’amore non sa fare. Fa anche più male, quando deve colpirti, in certi casi. Perché, forse, è una questione di aspettative.
L’amore totalizzante porta ad aspettarsi benefici immediati, biunivoci e, per quanto umanamente possibile, costanti. L’amore passa per esami che forse neanche si merita, comincia perché non hai scelta e continua perché lo scegli ogni giorno, sperando che regga per sempre.
L’amicizia la scegli e gli assegni un pezzo di vita. Lei è lì, stoica, ti guarda, ti assiste, si gira per un po’ dall’altra parte, ma è formata da persone con nomi e cognomi che si sono ritagliate uno spazio, una poltrona nominata, dentro di te. Quella poltrona, non importa che succede, resterà lì.
Per tutta la vita.