Cambio di stile
“Fino a qualche decennio fa, in ogni processo per violenza carnale, l’avvocato difensore dell’imputato non mancava mai di citare poche parole di Ovidio nell’Ars amatoria: grata est vis puellae. La forza gradita alle fanciulle che, nella mente di un autore di duemila anni fa, stava a significare la giusta, diciamo così, pressione che un uomo doveva esercitare per spezzare la doverosa ritrosia femminile, così che quest’ultima non si trasformasse in facilità e scarsa serietà”.
L’incipit, lo stile, a Maria non era piaciuto granché. Freddo, didascalico, pure un poco pedante. Così, aveva pensato: come si fa a produrre nel lettore quel pathos che una vicenda simile dovrebbe scatenare? Le avevano chiesto di raccontare la sua storia, il suo incubo camuffato da amore. Una rivista di provincia, con pochi affezionati lettori, che raccontava fatti di provincia e che non superavano quei confini. Le cose erano emerse perché lei aveva compiuto un gesto non di provincia. Aveva permesso che tutto venisse allo scoperto: un putiferio, di quelli appunto di provincia, nei quali si formano due schieramenti belligeranti, modernisti e conservatori, giusto per dare dignità a pensieri non sempre limpidi e onesti.
Perché il suo piccolo (o grandissimo) dramma era stato di quelli che mal si raccontano. Perché il fatto in sé poteva apparire modesto, o esagerato, o magari frutto di una femmina capricciosa e poco rispettosa del marito. Maria era una maestra delle elementari, il marito un capomastro in una ditta edile della zona. Non sembravano una coppia ben assortita, anche se questi ragionamenti, in materia di amore o matrimonio, hanno poco senso. Comunque all’occhio della gente tutto pareva scorrere pacificamente, e anche affettuosamente.
A lei era piaciuto per i modi virili e sbrigativi, che però potevano nascondere la forza di dare protezione.
Quando lui minuziosamente la frugava, Maria non avvertiva l’inizio di un lieve e felice percorso verso un lungo piacere finale. Si sentiva invasa, occupata quasi militarmente, arresa prima di combattere. E perché non dire di no? Ci aveva pensato infinite volte. Ma capiva che lui non avrebbe capito. E poi aveva paura. Non perché avesse sperimentato in passato dei modi sgradevoli e violenti. Ma per timore dell’ignoto. Come è un uomo grande grosso e volitivo privato dei suoi “diritti”? Storie di cronaca, e amiche loquaci, le avevano aperto squarci di vita mica gradevoli. Inoltre, i modi si facevano sempre più stringenti, fisicamente parlando. La passione per lei somigliava sempre più a un rigor mortis, ma da viva. Lui la circondava con tutto il suo corpo, da non lasciarle spazio, e lei si irrigidiva impotente, sperando di diventare ancora più minuta di quanto non fosse già. Al respiro del piacere subentrava l’apnea o dei lunghi respiri come se cercasse di calmarsi. Aspettando la fine del tutto. L’unico vero piacere.
E si decise. Parlò. Provò a spiegare perché non si sentisse coinvolta (…) Usò parole dolci, sommesse, semplici. Ma lui capì solo che lei aveva a che dire sulla sua virilità
Maria riguardò l’inizio dell’articolo. Non le piaceva proprio. Si chiese chi mai l’avrebbe creduta. Dubitava che un giudice le avrebbe dato ragione. Decise comunque di cambiare stile letterario. E cominciò un nuovo testo.
“Gentile maresciallo…”