L’Europa, e il tempo che ci vuole
Provare per credere. Dire: Io sono europeo, senza ridere, senza smorfie e con convinzione. Difficile, vero? Non è cinismo, né falso spirito europeista o, peggio, il frutto di un latente spirito anti euro o nazionalista. E’ la mancanza di tempo: tutto normale. Che tempo? Il tempo che ci vuole.
In fondo gli americani ci hanno impiegato circa un secolo e mezzo a diventare di fatto una vera repubblica federale.
Poi, in particolare, soprattutto dopo la crisi a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, gli americani si rimisero in piedi come un’unica grande nazione. Poi venne la guerra che fece il resto sia per unificare meglio sia per rilanciare le industrie, specie grazie agli armamenti. Un prezzo caro, ma funzionò. Ostentando da allora l’orgoglio di essere, sentirsi e mostrarsi americani.
Quando si pensa di appartenere a qualcosa, famiglia, club, squadra di calcio, organizzazione benefica, partito o altro, senza mostrare orgoglio, passione e emozione si ha l’aria di non andare lontano. A noi europei manca il tempo, cioè abbiamo avuto poco tempo, per sentirci figli di una stessa storia, di un unico destino.
Siamo in un continente che più di altri ha pagato duramente, con 50 milioni di morti, la forza dell’idea nazionalistica. E non ne siamo ancora liberi. Ci vuole tempo, passione e lungimiranza. Le punte delle scarpe non sono mai un grande orizzonte. Eppure è evidente che non erano mai passati tanti decenni senza una vera guerra continentale. Ma lo dimentichiamo. Perché l’astuzia ha un sapore migliore della storia.