Gemelli è singolare
Questa è la storia di due fratelli e di un solo, affannoso respiro.
Sembra di sentirlo, ogniqualvolta ci si avvicina ad Andrei.
Un soffio dentro una caverna; un rumore di vento di tramontana su un porto deserto. Fatica ad ossigenarsi, va in apnea; ma quando la sua metà si ricongiunge a lui il colorito cambia, il respiro si fa lento e regolare, la vita riprende il suo ritmo ordinato.
Andrei e Dimitri sono due fratelli-gemelli, omozigoti. Praticamente identici, uguali, morfologicamente unici.
Vivono in simbiosi, sono figli unici e un unico figlio; Helena, la sorella, più grande di qualche anno, è già morta.
Non ne parlano con dolore, solo con tacita rassegnazione, con la tranquillità e il distacco dettato dalla loro giovane età, che fa sembrare tutto bello, anche la morte. O forse non l’hanno neppure conosciuta, magari sono stati concepiti dopo la sua morte, prematura e tragica per una coppia di giovani genitori. La diagnosi, dura e implacabile: rara malattia genetica ad entrambi i polmoni. Helena non poteva respirare. Neppure le macchine l’hanno potuta salvare.
ma quando la sua metà si ricongiunge a lui, il respiro si fa lento e regolare, la vita riprende il suo ritmo ordinato
La malattia si è equamente divisa, permettendo a ciascuno di vivere, respirare, ossigenarsi solo in presenza dell’altro. Andrei è il più debole, e lo vedi, lo percepisci da come ti guarda, si muove, mangia. È pallido, esile, altissimo e sembra soffrire di ogni respiro che esala.
Gli occhi indagano di continuo e la sua curiosità per il mondo sembra divorare ogni lembo delle sue gracili carni. Ama suonare la chitarra e le sue corde vocali emettono un suono delicato e fragile come il suo corpo, ma potente e vibrante come la sua intelligenza. Il canto fa superare i problemi, il suono lo fa respirare; dovrebbe vivere cantando! Dimitri si affaccia alla porta con timidezza, esitazione, timore di rompere qualcosa di invisibile; sembra un equilibrista in cima al trampolo senza materasso, determinazione e leggerezza segnano i suoi movimenti.
vivono in quanto metà di un’unica forma compiuta ma mai finita
Perché non hanno potuto continuare il loro percorso uniti in un unico corpo, ma sono stati forzatamente divisi da una natura feroce? L’uno senza l’altro non esiste, il loro essere è nella divisione, vivono in quanto metà di un’unica forma compiuta ma mai finita. Amano la musica e il silenzio, vivono di notte perché è nel silenzio che riescono a caricare il loro ossigeno, a produrre la loro arte, ad oliare i meccanismi vitali.
Il giorno si urla, si fa rumore. La luce è troppo assordante. Hanno lasciato il loro paese da un po’ di tempo, perché vivere con mamma e papà, fuggiti per necessità, è come essere orfani. Della loro terra gli manca tutto, persino il freddo e la neve, la tanto amata neve e la ferrea disciplina a cui erano sottoposti anche a scuola.
E’ strano pensare che si possa sentire la nostalgia di qualcosa che è palesemente un sopruso, ma il fato che li ha costretti a cambiare vita, ad essere catapultati in una realtà troppo “morbida”, mi dicono, è vissuta come una ferita maggiore.
E’ bello il sole, la campagna, il mare, ma in questo paese c’è troppa fretta, troppo rumore e con difficoltà i loro respiri possono sentirsi e sincronizzarsi.
Prof., l’Italia è bella, ma non ci permette di respirare. Noi abbiamo bisogno di poter camminare insieme; solo così possiamo sopravvivere.
Sono ormai tanti anni che non vedo più Dimitri e Andrei, di loro ho un ricordo delicato, quasi abbozzato e se mi fermo un attimo riesco a sentire bene il suono della chitarra e a vedere le dita che sfiorano le corde il giorno del loro esame finale.
La leggerezza del cuore e l’estrema riservatezza di quelle due anime, desiderose di riformare un nido nel loro paese, mi accompagna ogniqualvolta sento parlare qualcuno dall’ingegno poco aguzzo di immigrati che vogliono “rubare” i nostri spazi. Sono certa che Dimitri e Andrei saranno ormai ritornati in Russia, a lavorare e immaginare l’Italia, Paese bello e accogliente, ma da lontano.