Lucciola lucciola vien da me
Lucciola lucciola vien da me
ti darò il pan del re
pan del re e della regina,
lucciola lucciola vien vicina.
Quando sento questo richiamo non so resistere. Mi accendo e vado a vedere qual è l’umano che ci sta chiamando con le note di una antica canzoncina.
Canzone che gli umani si tramandano di generazione in generazione, da nonni a nipoti, ma pure noi lucciole la conosciamo. Ci viene promesso il pan del re, e pure della regina, ma non ce n’è una fra noi che sappia cosa sia.
A dire il vero le lucciole più anziane oltre a farci conoscere questa dolce melodia ci avvisano anche di stare all’erta e non farci ingannare. Gli umani sono ambigui, cantano la canzoncina e poi ci catturano. A loro piace la luce che il nostro corpo emana, la vogliono imprigionare e godersela egoisticamente. Ci rinchiudono sotto un bicchiere o dentro una scatolina illudendosi che faremo luce solo per loro.
Come fanno a non capire che noi così rinchiuse siamo destinate a morire?
E che non abbiamo nessuna voglia di illuminarci quando perdiamo la libertà, quando non sentiamo più il profumo dell’erba e non vediamo più le nostre rivali stelle?
Rivali per modo di dire. Fra noi infatti il gioco è da tempo immemore sempre lo stesso: vogliamo brillare come e più delle stelle, che in fondo ci sono amiche e scherzano con noi.
Noi lucciole però ci muoviamo più veloci delle stelle (a meno che non siano quelle cadenti, che ci fregano senz’altro nello sprint!) e nel buio della notte tracciamo danze luminose che lasciano a bocca aperta gli umani.
Non che ci voglia tanto. Si stupiscono delle cose più naturali, ma soprattutto non le apprezzano e non danno loro il giusto valore. Non capiscono, credono di avere il diritto di decidere della vita e della morte degli altri senza motivo. Perché non c’è un motivo valido, sacrosanto, di sopravvivenza, nel tenerci prigioniere e tentare di rubarci la luce. È puro egoismo, è distruggere l’ordine delle cose, sovvertire l’esattezza della natura.
A noi piace danzare nelle notti di primavera con i nostri lumini, oppure giocare a nascondino tra gli steli dei fiori e dell’erba. Abbiamo il nostro motivo per farlo, e non è necessario che voi lo conosciate. Niente in natura resta senza una giustificazione, qualcuno lo dovrebbe dire agli umani. E dovrebbe fargli capire che non possono disporre delle creature come vogliono; dicono che gli è stato promesso da chi ha creato tutti noi, ma secondo me è una diceria.
Io non ci credo.
Non lo so chi ha avuto la brillante idea (è il caso di dirlo) di fornirci di illuminazione, ma sono sicura che se l’uomo avesse avuto bisogno di una luce interna come noi per vivere gli sarebbe stata regalata.
Invece non è così. Lui la luce ha dovuto crearsela, in qualche modo misterioso c’è riuscito. E dunque, che c’entriamo noi? Non si può accontentare?
I bambini cantano la canzoncina ingenuamente e noi altrettanto ingenuamente l’ascoltiamo e corriamo. C’incontriamo, noi piccine e loro pure, in un mondo magico di ingenuità e stupore. Per un attimo i piccoli sgranano gli occhi per la meraviglia. Poi, un po’ per l’istinto predatorio tipico della specie, un po’ perché istruiti dagli adulti, allungano una mano e… zac! Se non restiamo schiacciate nella paffuta manina finiamo in gattabuia per il resto della nostra breve vita. Con il lumicino che un po’ alla volta si consuma.
Per molto tempo gli umani ci hanno reso difficile la vita in tanti modi. Inquinamento, atmosferico e luminoso, disinfettanti e pesticidi. Una faticaccia sopravvivere. Lo sanno pure le api, che fisicamente sono più forti di noi, vere guerriere, quanto è dura. Tanto dura che la produzione del miele a livello mondiale è calata in modo drastico. Non che io sappia quanto è grande il mondo, ma credo che sia molto, molto, molto più enorme di quanto possa solo immaginare.
Ora però almeno noi lucciole ci stiamo riprendendo, siamo di nuovo numerose e, scusate la modestia, lo spettacolo che diamo non è cosa per tutti. Bisogna venire in campagna per trovarci. Bisogna abbandonare le città rumorose e luminose di fredde luci artificiali. Bisogna entrare nel silenzio, mandar via la luna e trattenere il respiro. E poi provare a intonare quelle note:
Lucciola lucciola vien da me
ti darò il pan del re….
Ogni volta ci caschiamo, accidenti. Si vede che deve andare così, che lucciole e umani devono finire per incontrarsi, le une a rischiarare i sogni degli altri. Forse è questo il compito che il tizio che ha creato tutto quello che vediamo ha affidato a noi piccole luci della notte.
E allora così sia.
Fateci spazio, umani, siate gentili e vi forniremo lo spettacolo più bello di questa stagione. Una notte puntinata di stelle in movimento, così vicine da poterle catturare.
Ma poi, per favore, lasciateci andare.
Vi conceremo il bis.