La donna scimmia
“A Cannes fischiarono, urlarono, perché ai francesi Annie Girardot pelosa non gli piaceva, la trovavano di cattivo gusto. […] Quando è uscito dicevano che era mal fatto. Che vuol dire che era mal fatto? È un dramma? È una commedia? Mah. Io non faccio distinzioni tra i generi: si ride, ci sono drammi che diventano commedie, commedie che diventano drammi.”
Il regista Marco Ferreri attraverso questo commento non fa che riconfermare la critica presente in uno dei film più grotteschi e commoventi della seconda metà del secolo scorso, La donna scimmia (1964).
Ai francesi Annie Girardot pelosa non piaceva.
E pensare che l’attrice per prepararsi bene al ruolo aveva seguito alla lettera le parole di Ferreri: ” Guarda, per abituartici, già alcuni giorni prima dell’inizio devi andare in giro truccata da scimmia.”
Ho visto la donna scimmia a casa mia, in DVD.
Mi aspettavo una commedia, mi aspettavo risate, tante risate.
Ebbene, cari lettori di B/N, penso che La donna scimmia sia stato il primo film a farmi intristire durante tutti e novantadue i minuti che lo compongono.
Una tristezza non scarna, ma su cui riflettere.
La donna scimmia parla di una giovane ragazza, Maria, affetta da una grave forma di ipertricosi, ovvero, completamente coperta di peli.
Peli sul volto, sulle braccia, sulle mani, su tutto il corpo.
La ragazza viene trovata, nell’ospizio per anziani dove vive, da Antonio (Ugo Tognazzi) , un tale che vive di espedienti, il quale la convince a seguirlo per montare uno spettacolo, lo spettacolo della Donna Scimmia, che diventerà la sua unica fonte di guadagno.
Maria comincia a ricevere nella sua pura ingenuità un po’ di amore e tanta umiliazione.
Il gioco della doppia mostruosità, quella apparente e in fondo non esistente di Maria e quella di Antonio, vera e terrificante, fondata sul mero guadagno, regge in piedi tutto il film lasciando un retrogusto amaro allo spettatore che si aspettava una leggera commedia.
Il tema della depilazione un anno fa si era fatto scottante quando un gruppo di ragazze aveva deciso di mettere da parte ceretta, epilatori, creme e rasoi per lasciare gambe e corpo al naturale per poi postare le loro foto su un blog.
Una scelta coraggiosa per il mondo che conosciamo, un mondo abituato a pane, perfezione e Photoshop.
Mentre ripensavo quindi alle ragazze del Hairy Legs Club mi chiedevo: “Chissà la povera Maria se fosse riuscita ad avere lo stesso coraggio che fine avrebbe fatto.”
Forse sarebbe riuscita a fuggire dall’affettuosa tirannia di Antonio.
L’affetto dell’uomo per la donna scimmia è l’unica nota positiva del film in fondo. Un amore nato all’improvviso, non voluto, ma sbocciato comunque in mezzo a tante difficoltà.
I due arriveranno anche a sposarsi, un matrimonio nato come contratto ma trasformatosi col tempo in vero affetto.
Il finale de La donna scimmia però non lascia dubbi: l’amore, per quanto vero, non riesce a demolire quella sete di soldi di Antonio, che seppur continuando ad amare Maria, riesce a mercificarla di nuovo, per l’eternità.
“Io credo che, sempre, la società sia colpevole di tutto quanto. Anche ne La donna scimmia. Ma anche per certi pudori che ho, non voglio mai arrivare a dire:”Questa è la società!”. Non voglio chiarire troppo. D’altra parte la società è colpevole e no. Siamo colpevoli tutti quanti. Ne La donna scimmia è colpevole la società e il marito.”
Forse le mie parole risultano misteriose per chi non ha visto il film, ma non voglio rovinarvi il finale, anzi vi voglio incuriosire.
In Italia La donna scimmia circolò in molte città in copia amputata, con una macabra parte del finale tagliata, presente invece nella copia in DVD che ho fra le mie mani.
In Francia invece il produttore Carlo Ponti riuscì ad imporre un finale felice ed accomodante, dove tutti i personaggi vissero felici e contenti.
Beh, con tutti questi spunti, cosa aspettate?
Buona visione e lunga vita al rispetto e alla diversità.