Non è un Gay Pride
Lo ammetto: ho partecipato. O meglio, mi ci sono trovata nel bel mezzo come troppo spesso mi accade, senza rendermene del tutto conto, chiedendomi se invece dei jeans e di un’anonima t-shirt bianca avessi fatto meglio ad esibire una volta tanto un outfit più consono all’occasione. Un tubino zebrato, ad esempio, tanto stretto e tanto corto che ti viene il dubbio si tratti in realtà di una maglia da infilare nei pantaloni. Ma no – mi sono detta- vai tranquilla che la semplicità paga. Sicuro.
Con un sospiro di rassegnazione lascio andare tutta la frustrazione scaturita dal sentirmi totalmente inadeguata in questa fiera delle vanità. Impugno la reflex e inizio a scattare. Muscoli, tatuaggi, boa rosa e palloncini colorati su un cielo azzurro come i tanti principi che mi passano accanto. E che da come camminano è chiaro si sentano più principessa di me.
Tre donzelle alte un metro e ottanta ciascuna, in abiti vittoriani e con parrucche boccolose in testa (una mora, una bionda e una rossa – viva la varietà) si avvicinano ad uno stand in cui si vendono strumenti di depilazione miracolosi. Un altro trio, questo invece dai tratti somatici orientali, disegna in aria cerchi immaginari con le unghie smaltate e lunghissime e di tanto in tanto si presta a posare per gli spettatori che scattano foto senza tregua.
Sotto il sole del pomeriggio, la strada del 17 giugno è un concerto di piume, colori, bicipiti e paillettes. Ma non solo. Ci sono i disabili, ad esempio, che partecipano alla parata. E poi le famiglie, mamme e papà con i loro bimbi, padri vestiti da madri, madri vestite da padri. Insomma, un grande caos. Ma non l’ha forse detto Nietsche che è il caos a generare le stelle danzanti? E più che stelle danzanti parliamo di carri, strade, piazze piene di stelle danzanti. Tutte belle, tutte brillanti.
Al Gay Pride berlinese (che per l’appunto non si chiama Gay Pride, ma Parata di San Cristoforo) partecipano tutti. Senza limiti di età. Senza distinzione alcuna in merito a capacità intellettive o ambulatorie, nazionalità, gusti sessuali. Tutti a marciare per ribadire ancora una volta un unico, semplice assunto: siamo tutti diversi e nella diversità tutti uguali. Non ci sono persone di serie A e persone di serie B. Come non esiste l’amore di serie A e quello di serie B. L’amore è amore, punto e basta.
Un ragazzino con la pelle abbronzata, un ventaglio bianco in mano ed un eye-liner perfetto si muove al ritmo di una canzone di Beyoncé con una sinuosità che farebbe schiattare d’invidia Beyoncé stessa. Lo seguo con l’obiettivo, stregata dal suo savoir-faire. Click. Si porta l’indice alle labbra e mi lancia un bacio.
La parata raggiunge la porta di Brandeburgo, con la quadriga bronzea che si staglia sulle nuvole bianche e i maxi-schermi che riproducono le immagini dei cantanti che si avvicendano sui palchi. Ed al pensiero che meno di trent’anni fa in questo punto della città correva il Muro e che cinquant’anni prima da queste piazze si alzavano le braccia tese nel saluto nazista mi corre un brivido lungo la schiena.
La Germania ha fatto i miracoli: è il primo paese in Europa a riconoscere il diritto degli intersessuali (avete letto bene) ed alla voce “Sesso” nel passaporto ad aggiungere una terza opzione oltre a “M” e ad “F”: “X”. Ci è voluta la pragmaticità tedesca per affrontare la questione muovendo dal punto di vista delle necessità e non da quello delle differenze. La stessa pragmaticità che riconosce ad esempio 25 centesimi per ogni vuoto reso in plastica o vetro. Quindi lasciare le bottiglie di birra ai margini delle strade in occasioni come questa non è un gesto di mala educazione ma di solidarietà sociale: di tanto in tanto passa infatti chi ne ha bisogno e le raccoglie per intascare il prezzo del vuoto.
Un ragazzo con i Ray Ban scuri e i pantaloncini bianchi sostenuti dalle bretelle viene avanti ballando. E’ senza una gamba ed ha un fisico perfetto. All’angolo Cappuccetto Rosso e il lupo discutono amabilmente tenendo in mano un bicchiere di birra. Su di loro passa rapida l’ombra dei ragazzi che fanno bungee jumping lanciandosi sopra la folla da una gru. Ripenso al tubino zebrato e sorrido. In fin dei conti anche con la t-shirt bianca non mi è andata male: oggi si celebra la libertà di espressione. Ognuno lo fa a modo suo.