Qualcosa
Volevo scrivere qualcosa. Ma oggi sciopero. Sciopero contro le chiavi di lettura. Una protesta in chiave comica.
L’unica chiave al mondo che aprendo le porte intrattiene colui il quale la manipola. Una mano ubriaca, una mano delusa. Una mano tremante d’amore, per dire. Una battuta e passa tutto. Sciopero e ne approfitto. Vorrei fare un omaggio ad una persona che definire grande sarebbe troppo. Definirla piccola sarebbe riduttivo. La definirei una persona. Ecco, questa è la definizione più appropriata. D’altro canto, come dissero le sirene ad Ulisse, sono o non sono il Capitan Uncino? No, non lo sono. Le mie mani sono intatte e non gestiscono chiavi. Non possiedo una nave di pirati. Tanto meno sarei capace di gestire una ciurma di ubriaconi pronti a profanare anche la tomba della madre. Potrei gestire il traffico di dvd pirata. Ma credo ci siano già i semafori per questo. Ad ogni modo, la copia più venduta dovrebbe essere “Il corsaro Nero“, film del 1976 girato da Sergio Sollima con Kabir Bedi nelle vesti nere del corsaro nero, Niccolò Piccolomini in quelle verdi del corsaro verde e Jackie Basehart in quelle rosse del corsaro rosso. Corsari in vesti tricolore. Ma galeotti su galeoni non ne conosco. Non sono mai stato in carcere. Né di fatto né in visita. E nemmeno a domicilio. Nemmeno ad Itaca sono mai stato, pur avendo conosciuto Penelope (che filava, filava e filava la tela e filava l’amianto delle vesti del Santo) più di una volta. Ma tutto questo Ulisse non lo sa e non lo saprà mai. Sono in viaggio da un po’ di tempo. Più di dieci anni e nessuno ha ancora osato raccontare le mie gesta. Lo trovo ingiusto. Una volta mi hanno trasformato anche in capro espiatorio. Anzi, più di una volta. Molte di più. Almeno tre. Per raggiungermi dopo avermi accusato, dovettero inseguirmi fino in capro al Mondo. Ma voi non mi state seguendo, come fecero loro, già lo so. Allora fermiamoci un attimo, come disse quel mio amico in mare, una volta preso il largo anticipo. Pasta al sugo, scaloppina, insalata e tiramisù. Ne sono abbastanza sicuro. Ma sono pronto a rimangiarmi tutte e quattro le parole. Un bis inaspettato, anche se non dovrei mangiare così tanto, visto che ho preso a lavorare in un call center. Per questo tipo di lavori la linea è importante, anche se solo telefonica. Ho sempre una fame ciclopica. Quando mi coglie questo appetito, non ci vedo da quest’occhio e non riesco a vedere nessuno. Apro il frigo e sento fresco. Non vedo la luce. Spero che ritorni presto l’era del cinghiale bianco. Poi richiudo e conto le pecore cercando di dormire senza cena, punendomi da solo. Alla fine concepisco un cucciolo di pensiero. Un’idea in fasce che crescerà a grosse poppate da questa tetta astratta che è la vita.