Perché il gender non ci renderà Transformer
Tutti parlano di gender, di ideologia del gender e di educazione al gender nelle scuole, quest’ultima da più parti messa all’indice e tacciata di essere uno strumento di dissoluzione di massa, di promozione di costumi libertini e madre di tutti i vizi, più dell’ozio.
Ma cos’è il gender? Non è una malattia, non è un virus e non si trasmette con uno starnuto.
Con gender si intende il genere a cui ci sentiamo di appartenere, la biologia propone e il genere dispone.
Biologicamente nasciamo maschi e femmine, e anche in questo caso ridurre tutto a XX e XY appare riduttivo, la genetica si diverte a mescolare le carte, a volte, ma rimanendo nella più semplice differenza cromosomica è come se la natura ci offrisse un vestito, a noi spetta indossarlo.
Una volta che indossiamo questo vestito impariamo a conoscerlo, sappiamo che se ci giriamo fa qualche piega, che possiamo correrci, saltarci, se dentro ci stiamo comodi; se è troppo stretto, oppure largo, ci costruiamo quella che è la nostra identità di genere che può o meno coincidere con quella del nostro sesso biologico.
Azzurro per il maschietto, rosa per la femminuccia, guardaroba monocolore e tutti a festeggiare
Questo codice di comportamento è quello che viene definito ruolo di genere.
I ruoli di genere sono sono come la spietata Miranda Priestley ne “Il Diavolo veste Prada”, per loro saremo sempre troppo grassi, troppo sciatti, poco adatti e di certo non finiremo mai sulla copertina di Vogue.
Eppure, per quanto vecchi come il mondo e duri a svanire, i ruoli di genere non ci sono stati donati da madre natura, si trasmettono, ma non appartengono alla nostra biologia.
I ruoli sono culturalmente determinati e figli del tempo che vivono, si tramandano di generazione in generazione, come la ricetta segreta della peperonata di famiglia, ci accolgono come una vecchia zia pochi minuti dopo il parto che non vede l’ora di capire a chi somigliamo, ci attendono davanti alla porta di casa nostra con un bel fiocco.
Azzurro per il maschietto, rosa per la femminuccia, guardaroba monocolore e tutti a festeggiare.
I ruoli di genere sono sono come la spietata Miranda Priestley ne “Il Diavolo veste Prada”
Tuttavia, se pensate di esservela cavata con un guardaroba cromaticamente monotono, vi sbagliate di grosso, ci sono nuove frontiere davanti a noi, frontiere fatte di pannolini.
Pannolini con strati assorbenti diversificati intrisi di ruoli di genere, che pubblicizzano come nulla fosse, tra colori pastello e mamme sorridenti, un supposto legame genetico tra ruolo e sesso biologico di nascita.
Che cosa faranno le bambine nella vita? Si faranno correre dietro pronte a essere colte come teneri fiorellini.
Che cosa faranno i bambini nella vita? Correranno dietro alle bambine e, dopo mille avventure e milioni di calci al pallone, coglieranno i fiorellini, beninteso, quelli metaforici di cui sopra, mai sia che i maschietti possano cogliere i fiori!
Combattere questi ruoli che facilmente si trasformano in stereotipi non significa negare le differenze che esistono tra uomini e donne.
Nessun bambino parlando di gender diventerà un Transformer!
Si vuole conoscere l’altro, mettere alla prova il ruolo che dalla nascita ci viene affibbiato, scoprire che siamo differenti, ma le nostre differenze possono e devono integrarsi.
Scoprire che i maschi possono piangere e che le femmine possono arrabbiarsi può voler dire squarciare un velo che opprime l’espressione stessa delle emozioni, significa dare ai bambini la possibilità di scegliere chi essere, scegliere con cosa giocare e il loro colore preferito senza sentirsi sbagliati, strani o non adatti e non adattati al loro ruolo.
Quindi tranquilli, nessun bambino di quattro anni diventerà un esperto di Kamasutra, né vedremo bimbi delle elementari disquisire di scambi di coppia, ma soprattutto nessuno terrà ai bambini lezioni di omosessualità, perché, fatevene una ragione, l’orientamento sessuale non è qualcosa che si insegna, che si apprende, che si può inculcare, modificare o peggio ancora curare.
Non avremo neanche un esercito di bambini confusi sul proprio genere di appartenenza, la disforia di genere è un disagio profondo e la cosa che si può augurare a chi lo sta attraversando è di trovare una strada meno tortuosa e più rispettosa di quella che ad oggi gli si para davanti.
Che siano maschi o femmine si sentiranno in diritto di essere differenti, unici e felici.
Una cosa si trasformerà nei bambini, la consapevolezza; bambini consapevoli saranno adolescenti più sereni ed equipaggiati ad affrontare i cambiamenti e le relazioni con l’altro.
Conoscere il proprio corpo, i propri confini e le proprie emozioni renderà i bambini pronti a riconoscere il disagio di situazioni potenzialmente pericolose, che siano maschi o femmine si sentiranno in diritto di reagire, di esprimere la tristezza e il dolore, di poter scegliere la propria strada.
Che siano maschi o femmine si sentiranno in diritto di essere differenti, unici e felici.