Il paese all’incontrario
Da un po’ di tempo mi trastullo ascoltando nenie, racconti e filastrocche. La mia bimba di cinque mesi ringrazia felice, sorride e “lalla”. In particolare, ci piace ascoltare una “canzoncina” (è così che si chiamano le canzoni per bimbi da 0 a… non so quando finisce la fanciullezza) che si intitola “Il paese all’incontrario”.
Racconta di una specie di posto straordinario e perciò meraviglioso, dove tutto non va come dovrebbe andare, o meglio come gli altri dicono che dovrebbe andare, ma al rovescio; sì proprio come l’altro lato della medaglia o della moneta, l’altro aspetto delle cose che spesso non si vede, o passa in secondo piano, o pensi non possa mai accadere.
Ed ecco che in questo paese speciale puoi trovare: un ciclista che si crede un gatto e rincorre topi per tutto il giorno e il micio che pedala con furia senza una meta precisa; o anche un cacciatore che sta sempre dentro un nido a covare, mentre il fagiano imbraccia il fucile e va a caccia per tutto il bosco. O ancora, un musicista che si butta in un laghetto e imita il verso di un ranocchio, anzi si sente un ranocchio, e il rospetto che di contro dirige l’orchestra dell’opera, osservando il mondo dall’alto e all’asciutto, finalmente.
E’ un paese strano, ma divertente e sereno perché ciascuno può mettersi nei panni dell’altro, anche solo per un attimo, e così capire come funziona il mondo contrario. Le regole esistono e tutti le rispettano perché sanno che la ruota gira e prima o poi ti tocca l’altro posto. Dunque meglio scommettere sul bene e sul più giusto comportamento, che non si sa mai.
Mi desto all’improvviso come da un sogno, la filastrocca si sta per chiudere e una vocina fuori tono ricorda come nessuno sa dove sia questo posto magico (che però esiste, ne siamo certi), tranne una persona, che guarda un po’ non lo dirà mai.
Il mondo dei piccini è fiabesco, tutto può avvenire nella maniera più semplice e naturale, anche la cosa più improbabile.
Catapultandomi nella triste realtà di queste settimane, cerco di racchiudere l’innocenza della mia bambina e dei miei ragazzi in un posto segreto, un forziere da cui si può controllare il mondo, ma che impedisce al male di sfiorarla. Mi rendo conto che è impossibile, ma altrettanto credo che se nel mondo ci fosse più poesia, più fiaba, magari tutti ne gioverebbero. Sono fermamente convinta che il male si alimenti di ignoranza e di sottocultura, e fermenti là dove non c’è bellezza.
Forse se il mondo funzionasse all’incontrario, tutti staremmo meglio. Forse.
Proviamo, ad esempio, a immaginare se l’uomo nascesse vecchio e lo scorrere degli anni lo facesse regredire all’infanzia.
Nasci che sai già tutto (o pensi di saperlo) e muori in uno stato di innocenza assoluta. Vieni alla luce pieno di acciacchi e, a mano a mano che il tempo scorre, acquisti salute e benessere. Incominci col tutto ed hai modo di ritornare al niente e apprezzarne la leggerezza.
Ecco, la parola chiave: “vivere con leggerezza”, quella del cuore di Calvino, che ci aiuta a non prenderci sempre troppo sul serio, ad amare e vivere senza barriere e nel rispetto degli altri, fregarsene del giudizio opprimente e invadente di molti, planare sulle cose sfiorandole, fermandosi solo su quelle veramente importanti.
Non è cosa facile e forse proprio a causa della sua difficoltà la vera leggerezza spetta solo ai bambini, quando ancora la loro mente non è sporcata dal male di vivere, dalla cattiveria. Nel loro tempo fatto di pan di zucchero, fate e sogni reali, tutto è possibile, soprattutto il contrario, l’opposto. Nel nostro tempo esistono invece i prototipi, gli stereotipi e le ingiustizie, nulla va come dovrebbe e l’opposto non ha mai una faccia positiva. O sempre testa o sempre croce.
Ma il fanciullino che c’è in te ti sussurra che una speranza c’è, che magari questo mondo è possibile, che se lo desideri accade e che se apri gli occhi nel momento giusto, da qualche parte la giustezza delle cose trionfa.