L’Avventura, giallo alla rovescia di Antonioni
Uno dei momenti in cui mi sono sentita più scocciata e delusa quando ero bambina? Quando a scuola ci portavano giù in biblioteca a vedere un film in bianco e nero.
Ebbene sì, la delusione era tanta. Anticipata da un entusiasmo autentico per l’occasione di svagarsi un po’ e uscire dalla classe, seguiva spesso un unico pensiero: “uffa”, quando una volta arrivati in biblioteca scoprivamo che il film in questione era vecchio, gracchiante e in bianco e nero. Perché la verità è che siamo abituati al colore, siamo attratti dai colori. E quando ci si ritrova davanti un film in cui i colori non ci sono, e l’audio è pessimo, l’entusiasmo cala e viene voglia di un bel rosso Almodovar. La situazione era la stessa per i miei compagni di classe e sono sicura che qualcuno di voi abbia provato un’emozione simile, magari qualcuno la prova ancora adesso. Crescendo però si impara ad apprezzare certe cose, ed ecco che mi sono sorpresa a gradire quei “vecchi film” così diversi da quelli contemporanei.
Insieme a questa scoperta è nata anche la voglia di “riabilitarli” agli occhi delle persone che come me non sono abituate a questo tipo di opere .
Oggi voglio parlavi di “L’Avventura” di Michelangelo Antonioni, presentato al Festival di Cannes nel lontano 1960, lo stesso anno in cui si presentava “La Dolce Vita” di Fellini. Ebbene, mentre Fellini si aggiudicò la Palma d’oro, Antonioni portò a casa il Premio della Giuria (insieme a parecchie perplessità e dissensi del pubblico). Forse è anche questo uno dei motivi per i quali se oggi facessimo un sondaggio “La Dolce Vita” risulterebbe di gran lunga più popolare.
Un tournage difficile quello di Antonioni, che racconta: “Mi è capitato di tutto. Scioperi della troupe e di attori. Sostituzione di produttori. Cinque settimane su un’isola senza che nessuno di noi ricevesse l’ombra di un qualsiasi compenso. […] Siamo rimasti bloccati per più notti sullo scoglio di Lisca Bianca, senza coperte e senza cibo.”
“L’Avventura” è il primo film della “trilogia dell’incomunicabilità” di Antonioni, proseguita con “La Notte” e “L’Eclissi”.
Anna (Lea Massari), il suo fidanzato Sandro (Gabriele Ferzetti), Claudia (Monica Vitti) e un gruppo di amici in gita in barca approdano sull’isola deserta di Lisca Bianca, in Sicilia. Una piccola sosta destinata ad interrompere la vacanza in quanto Anna misteriosamente scomparirà. La messa in scena è impeccabile nel rendere l’idea di spaesamento e incapacità di agire che seguono la scomparsa. Uno scoglio fatale? Una fuga voluta? Le domande che sorgono spontanee nelle teste dei personaggi sono tante e si mescolano ai ripetuti segni di insofferenza che Anna in modo alquanto contraddittorio aveva manifestato negli ultimi tempi. E’ così che a partire dal 26simo minuto, momento della scomparsa, il regista ci lascia per le restanti due ore in preda a quelle emozioni così assurde e varie che seguono la scomparsa di Anna.
Sandro e Claudia impegnati nelle ricerche si ritroveranno vittime di un’attrazione imprevista e potente, costantemente sorvegliata dal peso dell’ assenza-presenza di Anna. Una situazione di coppia difficile, riflessa nella forza spiazzante dei paesaggi vasti, partecipi e muti.
Cosa c’è di speciale in un film che racconta ciò? Sono tanti i motivi che vi elencherei. Innanzitutto, perché “L’Avventura” non conclude. Non aspettatevi un mistero svelato, una conclusione da fiaba: non è questo l’importante. L’importante, la vera essenza del film, è il “cosa succede dopo”. Cosa succede dopo una scomparsa? Come si rimescolano le carte in questa amara avventura?
Non lasciatevi intimorire dai momenti morti, assaporateli nel loro significato. Notate gli sguardi, che reggono l’intera struttura di questo “giallo alla rovescia”. Fate caso anche alla molteplicità degli eventi che succedono, che anche se non sottolineati dalla regia costellano il film: ripensamenti, tradimenti, piccole follie.
Ricordo che la prima volta che ho visto questo film ho provato una sensazione strana: ero annoiata e allo stesso tempo interessata. La mia parte pigra pensava: “Ma quanto è lento?”; un’altra invece, affascinata dal dramma (perché potete pensare a una cosa più drammatica della sparizione di una persona cara?) si chiedeva: “Come andrà a finire questa storia?”
Le emozioni in “L’Avventura” variano, cambiano forma nella dilatazione e dispersione che caratterizza il film.. Ecco che Claudia, dopo la disperazione iniziale, presa da questa nuova passione, dirà: “Pochi giorni fa all’idea che Anna fosse morta mi sentivo morire anche io. Adesso non piango nemmeno. Ho paura che sia viva. Tutto sta diventando maledettamente facile, persino privarsi di un dolore.”
“L’Avventura” è un film che richiede pazienza e tranquillità. Un film al quale dedicare non solo i 143 minuti del film ma anche 5 minuti prima e 10 dopo. E’ un film che sbatte in faccia l’innata capacità umana di sapersi adattare, una capacità che in determinate situazioni può risultare crudele e riversare fiumi di sensi di colpa.
Inoltre vedendo “L’Avventura” potrete ammirare una prima Monica Vitti diretta da Antonioni, vincitrice per la sua interpretazione del Globo d’oro alla miglior attrice rivelazione. Monica Vitti riesce a rendere perfettamente l’idea di quell’incomunicabilità che caratterizza il film. E non lasciatevi intimorire dalla mancanza di colori: la Vitti è stupendamente bionda anche in bianco e nero, vedrete.