Il silenzio, virtù dei forti
Conosciamo tutti i vizi capitali. L’ira, la gola, la lussuria. L’accidia, nota anche soltanto per essere la meno nota: tutti sanno che c’è, sebbene in pochi sappiano dire cosa sia. Alcuni saprebbero anche elencare le virtù cardinali: prudenza, giustizia, temperanza, fortezza. E silenzio. Già, proprio il silenzio. Che se non risulta tra le virtù cardinali, se non compare tra quelle teologali, è ben presente nelle bocche dei nostri nonni, custodi di saggezza popolare: il silenzio – dicono – è d’oro, ed è virtù dei forti.
Se nel senso ben preciso che chi tace sia in forza di tal virtù automaticamente forte, o piuttosto forti siano coloro che tacciono, o ancora che è ben possibile riconoscere il forte giustappunto perché sta zitto, questo non è dato sapere.
Più della cattiveria dei malvagi, temo il silenzio degli onesti. Marthin Luther King
Che porta con se anche la pazienza, altra virtù popolare. Taci e aspetta, aspetta e taci. Specie nella vendettà, attendere e tacere sono le armi essenziali dell’uomo forte, che voglia vedersela servita come piatto freddo, non importa quando, alla mensa del proprio riscatto. Taci e aspetta, quindi. Che per dir di sì nemmeno devi parlare, ché chi tace pure acconsente, e il silenzio è spesso pure più eloquente delle parole.
Virtù dei forti. Ma anche forse degli omertosi, se si dà retta a quello che dice che chi ascolta, guarda e tace vive in pace. E poi: se cent’anni vuoi campare, in silenzio devi stare. E quanti delitti, quanti crimini ne sono seguiti, quanti soprusi perpretati con la pavida complicità di chi guarda da dietro le persiane, e tace. Virtù dei forti, ma anche forse dei codardi. Silenzio, ma dipende da cosa si tace. Silenzio, che camperai cent’anni, ma la tua coscienza sarà già sepolta. Certo, sempre meglio rimanere in silenzio ed essere considerati imbecilli che aprire bocca e togliere ogni dubbio. E nemmeno si contano le tante splendide occasioni che molte persone pubbliche perdono ogni giorno per stare zitte.
Ma quando occorre parlare, si deve parlare: se la parola è denuncia, nessun silenzio potrà mai sostituirla, nessun tacere potrà mai farsi grido, e ci sono circostanze nelle quali bisogna urlare, o nessuno ci sentirà. Il silenzio assordante non è che un ossimoro, una figura retorica, specie quando fa comodo a chi non vuole sentirci parlare. L’aveva già capito Marthin Luther King, quando disse di temere più della cattiveria dei malvagi, il silenzio degli onesti.
Abbiamo taciuto abbastanza, forse è il momento di parlare. Che quest’altri se ne approfittano ancora, come i cani, se s’avvedono che abbiam paura.