Scegliendo te, una suora per amica
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Ho incontrato qualche giorno fa Suor Luigia. Questa suora è stata la mia maestra delle elementari. Qualche giorno fa su Facebook è passato il giochetto di nominare il maestro che più ha influenzato la nostra vita. Se mi giro indietro di sicuro è lei. Una donna mingherlina, ma tutta d’un pezzo. Un incrocio tra la signorina Rotthermaier e Julie Andrews (interprete tra l’altro del mio mito Mary Poppins) nel ruolo di Maria la protagonista del film “Tutti insieme appassionatamente”. Se io sono quella che sono oggi, se ho raggiunto determinati obiettivi, se mi sono laureata a venticinque anni senza andare fuori corso, se d’estate ingurgito avidamente in tre mesi una decina di libri che in inverno non ho la forza e nemmeno tempo di leggere, lo devo solo ed esclusivamente a lei. L’ho odiata fortemente quando la mattina mi faceva svegliare alle sei e dieci per ripetere i nomi derivati e peggio ancora quando mi obbligava a fare le gare di tabelline. Oggi ancora ho difficoltà, come fosse un’ansia da prestazione, a rispondere quanto fa ad esempio sette per otto. Mai una volta che mi venga subito il risultato. Mi viene un conato di vomito. Ricordo che la mattina prima di andare a scuola mia madre mi portava il latte e Nesquik e io puntualmente andavo a gettarlo nel lavandino per il troppo mal di pancia. Buono, migliore, ottimo. Cattivo, peggiore, pessimo. A memoria. A campana. Però aveva qualcosa di magico. Di speciale. Era per noi bambini come colla. Ci teneva disciplinati come soldatini di piombo, ma nell’ora di ricreazione si alzava le maniche e si metteva a porta, nel cortile della scuola, per parare i rigori. Li parava con i piedi, con le mani, con la testa: un fenomeno. Una volta al Bosco di Capodimonte, che il Napoli era in zona scudetto ( e che poi vinse), girava tra i viali cantando con noi “I ragazzi della curva B”. Una suora vestita bianca e nera che cantava Forza Napoli non si era mai vista. E poi aveva un’arma particolare: la chitarra. Ci metteva in cerchio e passavamo le ore a cantare. Forse i bimbi di oggi sono diversi da ciò che eravamo noi per la mancanza di musica? Mi sa di sì. Mille canti, mille volte ripetuti. Un momento di aggregazione in cui tutta la classe era invitata a partecipare. Con lei era tutto complicato, ma non nel senso di brutto, ma di profondo, di interessante. Maestra unica in quanto ci insegnava tutte le materie e unica perché ce la invidiavano tutte le altre sezioni. Noi eravamo i bambini della sezione A, dei privilegiati. Ha da poco finito di lottare contro due cancri al seno ed è stata missionaria in Africa. “Suor Luigia come stai?” “Bene sto!”
A te, amica mia, maestra mia, una ricetta speciale… Mi ricorda un po’ il refettorio ma, senza quell’odore nauseabondo, era il mio pasto preferito da bambina.
Per fare le polpette al sugo vi servirà:
500g di carne macinata di manzo
4 fette di pancarrè (o pane raffermo)
1 bicchiere di latte
50 g di parmigiano e pecorino mischiati
2 uova
sale
sugo di pomodoro
Per prima cosa ammollate il pancarrè nel latte, e poi strizzatelo quando ben spugnato. Aggiungete il pane bagnato nel macinato, in un contenitore capiente, e poi mischiate il tutto con le uova, il formaggio e il sale. Quando è ben amalgamato date all’impasto la forma di polpetta. Tuffate le palline nel sugo caldo, non ancora cotto del tutto, e fate cuocere con il coperchio.
Super… come lei!
Come te! Perché è questo che sto facendo: sto scegliendo te, una suora per amica…