Disordine primordiale
In principio era il caos, siamo tutti stati generati da un disordine primordiale che abbiamo inscritto nel nostro Dna.
Siamo figli disordinati dell’universo e dell’evoluzione, non solo della specie, ma del cosmo stesso, con buona pace di chi ha fatto dell’ordine uno stile di vita da imporre a tutti i costi e a tutti, innescando l’eterna lotta tra gli ordinati e i disordinati.
Siamo figli disordinati dell’universo e dell’evoluzione, non solo della specie, ma del cosmo stesso
In questa lotta l’ordinato tenta in tutti i modi di riportare sulla retta via il disordinato, a suon di rimbrotti, puntualizzazioni e aspirapolvere.
Sebbene il disordine sia all’origine della vita, il disordinato raramente tenta di imporre il suo modus vivendi.
Il disordinato sa che chiedere all’ordinato di creare il caos nella sua vita, così perfettamente in ordine e asettica da poter essere utilizzata per un’operazione a cuore aperto, sarebbe un inutile perdita di tempo.
Il disordine non si crea, il disordine è.
L’ordine è un’opera riproducibile, semplice, trasparente ed imitabile anche da un disordinato.
Il disordinato, con grande sforzo e per quieto vivere generalmente si piega al volere dell’ordinato, nascondendo sotto i tappeti, dietro le porte, sotto i letti tutto ciò che all’ordinato fa venire l’orticaria.
In buona sostanza l’ordine è solo questione di temporanea cecità; all’ordinato basta non vedere e convincersi intimamente che tutto sia superficialmente perfetto.
Il disordine invece è profondo, è una forma mentis, un modo di vivere e vedere il mondo aprendo varchi nel mare di dati, pensieri e cose che riempiono la vita, scorgendo opportunità laddove l’ordinato scorge la sua prossima crisi di panico.
Nessun ordinato potrà riprodurre il caos a comando.
Il disordine ricreato è solo un ordine diverso, ragionato, costruito, non naturale e non autentico.
Nel ricreare il caos viene a perdersi il guizzo, il motore e l’intelligenza che animano il disordinato, la potenza che è in grado di generare il marasma anche in una stanza vuota o una stella danzante, come direbbe Nietzsche o molto più pragmaticamente una casa incasinata.
La casa, terreno di battaglia dell’esercito dell’ordine armato di scatole, scatoloni, scopa e paletta con a capo madri agguerrite e l’esercito del disordine armato di fogli, vestiti, con un caravan al seguito di oggetti e pensieri da spargere in ogni dove, comandato da un adolescente che ha perso la bussola, chissà dove.
Il disordinato non sa mai il dove, ricorda vagamente che in certo momento in un certo posto ha fatto, detto o riposto qualcosa, è il suo tallone d’Achille, vivere in un luogo dove i punti di riferimento sono rimasti sepolti sotto cumuli di roba, perché se è vero che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si accumula.
Quando Nietzsche parlava di possedere il caos per poter generare una stella danzante, non parlava della scrivania della nostra cameretta di ragazzini o di quella del nostro ufficio da adulti, che al massimo potrà generare un’enorme palla di cartacce, né dei nostri post-it stratificati a creare una coperta patchwork di cellulosa ed idee, né dei nostri cassetti che non conoscono il cambio di stagione, dove infradito e moon boot vanno a prendere l’aperitivo insieme e i calzini hanno fatto amicizia con i cd.
E’ in quell’attimo di disagio che il disordinato resta atterrito, soggiogato, vacilla la sua convinzione di vivere nel modo giusto, l’unico modo possibile che la creazione ci ha regalato, è in quell’ansia che sente la mattina quando in ritardo cerca disperatamente qualcosa che non si trova.
In quell’attimo deve arrendersi: non tutto il caos darà origine a qualcosa di sensazionale.
In quei momenti l’esercito dello Swiffer sferra l’attacco ai figli delle stelle a suon di se solo avessi rimesso tutto a posto, riuscendo ad ingabbiare l’entropia dell’universo per qualche ora, nel ripristino di un ordine apparente fatto di libri in ordine alfabetico e mutande in scala cromatica.