I pagliacci ovvero la finzione di un delitto
Delitto d’onore, uxoricidio, femminicidio. Tre termini per definire nel tempo un delitto che vede vittime e protagoniste le donne.
Fatti di cronaca che hanno davvero poco da dividere con una forma d’arte che allieta lo spirito del pubblico. Eppure anche un fatto di cronaca può trasformarsi in musica quando il delitto raggiunge la sensibilità di un compositore. E quando la sua storia personale e familiare gli solletica l’ispirazione, allora il sangue, il dolore, il delitto efferato diventano teatro.
L’opera lirica “I Pagliacci” si ispira a un delitto realmente accaduto a Montalto Uffugo, in Calabria, e nasce dal fatto che il padre magistrato del compositore, allora bambino, Ruggero Leoncavallo, istruì il processo che portò alla condanna dell’uxoricida.
Il successo di quest’opera dal linguaggio verista e reale fu immediato. La prima esecuzione fu affidata alla bacchetta prodigiosa di Arturo Toscanini e la romanza del tenore “vesti la giubba”, interpretata dal mitico Enrico Caruso,fu il primo disco al mondo a toccare il milione di copie di vendita.
Fenomenico mediatico, il delitto d’onore, che riesce a penetrare la curiosità delle platee televisive. I telegiornali con i loro inviati passano giorni a fare cronaca con servizi ridondanti sul delitto.
Leoncavallo ha esorcizzato il fatto di sangue e ha creato uno teatro nel teatro. Già nel prologo Tonio si rivolge al pubblico, a sipario chiuso, Si può?… Si può?… Le lacrime che noi versiam son false! L’autore ha cercato invece pingervi uno squarcio di vita. Egli ha per massima sol che l’artista è un uom e che per gli uomini scrivere ei deve. L’opera lirica “I Pagliacci” si ispira a un delitto realmente accaduto a Montalto Uffugo, in Calabria
Nel prologo già c’è la dichiarazione d’intenti del compositore, il pubblico è preparato sa che assisterà ad una finzione vera e così potrà schierarsi dalla parte di Nedda, donna che tradisce ed ama,
Qui è l’essenza dell’animo umano combattuto tra eros e thanatos, dissidio cosmico fra i princìpi di Amore e Odio in un gioco primordiale che legittima gli istinti ancestrali dell’uomo.
La tragedia dei guitti si compie quando Nedda/Colombina sberleffa Canio/Pagliaccio in un crescendo di realtà e finzione davanti ad un pubblico che ride ed esorta gli attori al compimento della commedia ignari che sul palco la farsa sta trasformandosi in una realtà sanguinaria.
Ruggero Leoncavallo ha legittimato il delitto d’onore: l’uomo tradito lava con il sangue l’adulterio e si riconcilia con se stesso giustificato da una società benpensante e da una giurisprudenza che ha faticato decenni per equiparare la morte di una donna fedifraga alle altre categorie di omicidi. Ma a lui dobbiamo anche la capacità di essere riuscito a trasformare in musica immortale il dolore, l’amore e la morte e a rendere amabile un omicida
Qui è l’essenza dell’animo umano combattuto tra eros e thanatos, dissidio cosmico fra i princìpi di Amore e Odio
Non esiste tenore lirico al mondo che almeno una volta nella sua vita professionale non abbia intonato la celebre romanza ”vesti la giubba”, consapevole che la catarsi tra finzione e pulsioni possa liberare, anche solo attraverso la musica, le più rozze e primordiali tendenze istintive dell’animo umano.