Nove mesi di agrodolce
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Nove mesi sono quelli che un bambino passa nel ventre della sua mamma biologica. L’altra sera sono uscita con le amiche del sushi. Senza marito, senza bimbi, senza smartphone. Un paio di ore niente di più. Nel gruppo c’è una ragazza incinta. E’ al settimo mese di gestazione. Bellissima. La gravidanza le ha regalato una rotondità che non ha mai avuto. I suoi lineamenti in genere resi spigolosi da una vita vissuta nella magrezza, ora sono dolci e distesi. Si dice che le donne incinte siano luminose, e forse è vero. La guardavo mentre si lisciava la pancia in un gesto continuo e involontario e ripercorrevo mentalmente le mie. Punto primo ho avuto due cesarei. Punto secondo avrei fatto carte false per avere due cesarei. Fortuna vuole che qualche problema lì, qualche difetto fisico qui, un fattore x là, un bug y qua, ha fatto pronunciare al mio amato e venerato ginecologo la frase: “Fra, dobbiamo fare per forza, purtroppo, il cesareo”. Si è alzata una ola spontanea tra tutti i presenti. Ditemi ciò che volete, ma per me il parto naturale è una cosa che la mente umana non può concepire. Sì, vabbè, è un’operazione a tutti gli effetti, il dolore ce l’hai sempre, l’anestesia è pericolosa per la partoriente e per il bimbo. Ma vuoi mettere andare a partorire con lo shampoo fresco fatto e in perfetta condizione psichica? Niente parolacce, niente occhi di fuori, niente minacce di morte al compagno. L’attesa di un bimbo è un periodo meraviglioso. Beh, sì, ci sono le nausee. Ricordo di essermi accorta di aspettare un bimbo ancor prima di fare il test, per l’esattezza ho avuto la premonizione mentre passeggiavo per le vie del centro storico di Rodi in Grecia. All’improvviso quello che era stato fino al giorno prima la mia droga in quelle due settimane egee, ovvero pita gyros con tzaziki e cipolla come se non ci fosse un domani, è diventata una cosa puzzolentissima, e un mattone pesante da digerire. Però poi fai le beta hcg, le analisi del sangue che rilevano i valori della prolattina, ormone presente in gravidanza, e sei felice come una Pasqua. Felice un po’ meno quando scopri che le tue gambe sono piene di vene varicose. Dove prima era tutto liscio e sodo, ora spuntano fiumi e treccioline di vene calde. Se un attimo prima eri Pasqua, ora sei il venerdì di quaresima. Però senti qualcosa che si muove dentro di te. E no, non è l’effetto dei peperoni. Prima uno sfarfallio di ali, poi qualche calcetto e infine le gomitate nello stomaco. Una sensazione meravigliosa. Meravigliose sono anche le dosi di Malox che prendi di sera per digerire. Lo stomaco si ridimensiona così tanto per far spazio al bimbo, che durante gli ultimi mesi anche una mela cotta ti fa avvertire i bruciori dell’inferno.
Niente parolacce, niente occhi di fuori, niente minacce di morte al compagno.
Le mie due ore di aria sono finite. I miei figli reclamano il bacio della buona notte. Se come me amate la cucina giapponese questa è la mia ricetta per fare la salsa agrodolce, proprio come i nove mesi di gravidanza.
- 1 tazza di aceto bianco
- 1 tazza di zucchero di canna
- 1 tazza di ketchup
- 2 cucchiai si salsa di soia
- 2 cucchiaini di salsa Worchester
In una pentolina mettere l’aceto con lo zucchero di canna e mescolare con un cucchiaio di legno, aggiungere una tazza di ketchup, la salsa di soia e la Worchester.
Squisita davvero… e se dovesse risultarvi indigesta, c’è sempre il Malox che fa miracoli!