Una volta abitavo a San Francisco
Per un periodo della mia vita ho abitato vicino a Yoda. Un vicino silenzioso, discreto e pulito.
Abitavamo a San Francisco, noi due. Poi, a me, il governo americano non mi ha più voluta. Mentre lui è ancora là.
In una vecchia canzone Tony Bennet canta I left my heart in San Francisco e io penso che accada davvero. Altrimenti non lo scriverebbero su tutte le t-shirt. O per lo meno a me è accaduto.
Penso che esista per tutti la città elettiva, quella che ti fa sentire davvero a casa. Quella che, sebbene straniera, ti calzi a pennello e dentro alla quale ti muovi come se vivessi lì da sempre. Come se ci avessi vissuto in una vita precedente. Per me questa città è San Francisco.
Prima di andarci a vivere, la California era già da qualche anno la mia seconda casa. E da brava southern California girl a San Francisco ci ero andata in viaggio un paio di volte. E ogni volta ne ero rimasta incantata. Dovete sapere che all’epoca nutrivo una passione viscerale e scomposta per la letteratura americana, soprattutto quella della Beat Generation e San Francisco, punto focale di questa contro-cultura, rappresentava per me il punto di arrivo. Di cosa? Di me stessa. E delle mie passioni più grandi. E del mio sentirmi perennemente fuori posto. San Francisco era la giustizia e la libertà. L’apertura mentale e la diversità manifesta e accettata. San Francisco era la summer of love e gli hippies. La musica rock e l’amore libero. Era tutto ciò che non avrei mai vissuto perché appartenente a un’altra epoca ma che avrei voluto davvero vivere.
Poi, qualche anno dopo, ho preso un aereo e sono atterrata lì, senza passare per il Sud. E sono diventata una northern California girl. Ho preso le mie valigie, la BART (la metro), ho raggiunto l’edificio che sarebbe stata la mia casa e il mio lavoro e mi sono innamorata. Definitivamente.
E così San Francisco è diventata il vento freddo, la nebbia la mattina a coprire la baia e a mangiarsi il ponte. Le salite ripidissime e le discese che facevo di corsa. Le spiagge e la sabbia e i leoni marini. Alcatraz e il traghetto per raggiungerla. La vista da Alcatraz, beffa e meraviglia per i cuori di chi viveva tra quelle mura. E la voce del Golden Gate Bridge la notte. E il Golden Gate Bridge da attraversare in bicicletta salutando tutti. E le sequoie e i loro occhi rivolti a un cielo che non mi sarà mai dato di toccare. E le bandiere arcobaleno. E i senza tetto con cui condividevo il pranzo. E gli sconosciuti che mi indicavano la strada. E l’odore di spezie di Chinatown. Una delle comunità cinesi più vaste al di fuori della Cina. E i grattacieli a forma di piramide. E la libreria di Lawrence Ferlinghetti perché, ancora, la Beat Generation la amavo. E le chiacchiere con lui.
Perché quando ti sradichi, quando cambi paese e lingua e prospettiva riesci a capire chi sei.
Perché quando ti sradichi, quando cambi paese e lingua e prospettiva riesci a capire chi sei. E come sei. E quando ti sradichi è bellissimo notare ciò che cambia di te. Si assumono abitudini mai avute prima quando si cambia Paese! Diventa normale avere il succo di frutta in tanica e dieci varianti di latte. Diventa normale fare la spesa nel cuore della notte in pigiama. Diventa normale fare la lista della spesa in due lingue diverse e ridere nell’accorgersi di aver scritto: milk, pane, banane, lettuce e… tomadori, uno strano ibrido che ancora sto cercando. E diventa normale fare i conti sul fuso orario per sapere se chiamare qualcuno che sta a nove ore di differenza. E diventa normale sognare in inglese, parlare in inglese e pensare in inglese. E rimane normale sognare in italiano, parlare in italiano e pensare in italiano. Diventa normale essere un sacco di sé contemporaneamente e accorgersi di quanto immensi possiamo essere. E meravigliosi. E puri. E aperti al mondo.
Quando vivi a San Francisco impari il rispetto e l’amore. In tantissime forme diverse. Verso gli altri. Verso la natura. Verso la terra che trema. Verso la nebbia che nasconde.
Quando vivi a San Francisco capisci di essere fortunato perché ti è data l’opportunità di amare.
E mica tutti sono così fortunati nella loro vita.