1° maggio: Festa dei lavoratori
1° maggio: Festa dei lavoratori.
In molti paesi del mondo in questo giorno si ricorda la battaglia portata avanti dai lavoratori per raggiungere importanti traguardi in campo sia economico che sociale. La conquista più significativa, che rappresenta l’origine di questa festa, è il raggiungimento di un diritto ben preciso, ossia l’orario di lavoro fissato in otto ore. A partire dalla manifestazione newyorkese del 5 settembre 1882 e dai gravi incidenti che avvennero nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago passati alla storia come rivolta di Haymarket, continue lotte – sindacali e non – hanno caratterizzato la storia di molti ed hanno portato al riconoscimento del lavoro come rappresentazione della dignità delle persone.
Molte opere famose trovano le loro radici simboliche nella Festa dei lavoratori. Ad esempio, l’artista italiano Giuseppe Pellizza da Volpedo dipinse, nel 1901, quello che ancora oggi può essere considerato il manifesto dell’impegno sociale e della lotta operaia: Il quarto stato.
Il lavoro che stanca e strugge ma che nobilita l’uomo e la donna, in modo equo e paritario.
Osservando il dipinto si può facilmente notare l’idea di unione di questa nuova classe sociale, che attraverso numerose lotte per i suoi diritti, riuscirà a raggiungere una posizione rilevante nella società moderna. La massa che avanza inesorabile e compatta, raffigurata con così tanta aderenza alla realtà da Pellizza, vuole alludere sia al valore della solidarietà sociale che alla presa di coscienza dei propri diritti politici.
Caspiterina!! Mi sa che molti italiani del nostro tempo avrebbero bisogno di un tuffo carpiato nella tela per ritrovare un po’ di valori persi nel corso degli ultimi anni.
Un’altra opera che potrebbe tranquillamente collegarsi a quella appena descritta e dunque anche al significato profondo del 1° maggio, è senz’altro I mangiatori di patate di Vincent Van Gogh del 1885. L’azione si svolge in un ambiente misero in cui un piccolo gruppo di contadini, alla luce fioca di una lampada, sta consumando il pasto serale: un unico piatto di patate. Uno di loro sta versando una bevanda scura in alcune tazze bianche, forse si tratta di caffè o tè. Le mani dei personaggi, rovinate dal duro lavoro rurale, sono grandi e sgraziate. I volti, irregolari, sono sottolineati dal gioco chiaroscurale voluto dall’artista che carica ancor di più di drammaticità e disperazione la scena raffigurata. Un’umanità povera ma dignitosa, lavoratrice, che vive onestamente e combatte ogni giorno con fatica e sudore per meritare quel nutrimento. Così infatti Vincent Van Gogh commenta il suo dipinto: “Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole”.
Il lavoro che stanca e strugge ma che nobilita l’uomo e la donna, in modo equo e paritario.
Tornando alla Festa dei lavoratori, oggi si potrebbe dire che il suo significato profondo e puro non sia cambiato. Cambia però un fattore, che è decisamente il più importante: il lavoro oggi è un privilegio di pochi. Specie tra i giovani, avere un lavoro è considerato un miraggio. Se poi questo lavoro non è a nero e nemmeno sottopagato sembra quasi di aver avuto una fortuna tale da poter essere paragonata ad una vincita milionaria al superenalotto.
Lotta sociale ancora più significativa ai nostri tempi. Lotta per far sì che gli articoli Uno – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro – e Quattro – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto – della Costituzione italiana vengano applicati nella realtà e portati avanti con forza e coesione sociale.