Parlare agli sconosciuti
Il viaggio era davvero lungo. Su quel regionale scelsi una delle poche cabine rimaste vuote per godermi in solitudine le sei ore di panorami e paesaggi di un’Italia tagliata in due dalle rotaie. Il treno iniziò a muoversi lento. Dal finestrino guardavo le poche persone sulla banchina farsi sempre più lontane. Sempre più piccole. Fino a sparire. Erano le sei del mattino. Mi guardai furtiva intorno, e una volta certa di essere lontana da occhi stranieri, allungai le gambe sul sediolino di fronte. Mi beai in quell’atto di innocente ma sublime trasgressione aprendo il mio libro ed immergendomi in una nuova storia. Mentre ero assorta tra le prime pagine del romanzo un rumore tonfo mi riportò alla realtà annunciando l’ingresso di un uomo e la fine della mia libera solitudine. Sobbalzai e cercai goffa di ricompormi, imbarazzata e infastidita, lo guardai sperando di non aver fatto la figura dell’imbranata. “Ciao … Ehm, buongiorno”. Mi guardò, sorrise e si sedette. Lo squadrai mentre si sfilava il cappotto. Era un bel ragazzo, una di quelle bellezze classiche del sud italia, occhi scuri intensi, carnagione olivastra, capelli neri portati corti, un filo di barba che andava tra l’essere alla moda e l’essere trascurato. Si sedette di fronte a me. Si accorse che lo stavo fissando e mi sorrise di nuovo.
Credo che chiunque sfogli un giornale voglia sorseggiare del caffè
Non parlare agli sconosciuti è un tormentone che non passerà mai di moda, è una di quelle regole fondamentali che si insegnano insieme a non accettare caramelle dagli estranei e all’alfabeto. Come se gli “altri” fossero un mostro da evitare. Eppure nonostante avessi appreso questa regola dalla tenera età, in quel ragazzo c’era un bagliore unico e particole che catturò la mia attenzione. Iniziammo a parlare. Il tempo passò velocemente ascoltando quell’uomo che per caso si trovò a scegliere il mio stesso scompartimento. Che aveva scelto me tra tutti gli altri pendolari semiaddormentati. E che stava scegliendo me per raccontarsi. “Chi sei?” Gli chiesi “Cosa intendi? È una domanda davvero troppo generica” “ Raccontati, raccontami, puoi dirmi tutto ciò che vuoi di te, verità o bugie, tanto tutto ciò che mi dirai nessuno può confutarlo, siamo due estranei”
C’è qualcosa di magico nell’uscire dalla propria cerchia di solitudine e parlare con gli altri, che sia in una sala d’attesa o su di un treno. Molte persone sono convinte che la solitudine sia più piacevole dell’impegno in una conversazione con qualcuno che non si conosce, ma con quel ragazzo mi sono resa conto che un noioso viaggio in treno si può trasformare in un’avventura, dove si possono scoprire nuovi mondi, nuove storie, imparare a conoscersi attraverso le parole di estranei. Parlare con quello sconosciuto è stato liberatorio come una seduta dallo psicologo. Disegnare su di una tavola pulita e delineare solo la parte migliore di sé, senza ansia da prestazione, senza aspettative, senza pregiudizi.
Imparare a conoscersi attraverso le parole di estranei
Le Passanti – Fabrizio de Andrè
Io dedico questa canzone
Ad ogni donna pensata come amore
In un attimo di libertà
A quella conosciuta appena
Non c’era tempo e valeva la pena
Di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
Tanto di fretta l’hai vista passare
Dal balcone a un segreto più in là
E ti piace ricordarne il sorriso
Che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
In un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
I suoi occhi il più bel paesaggio
Fan sembrare più corto il cammino
E magari sei l’unico a capirla
E la fai scendere senza seguirla
Senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
E che vivendo delle ore deluse
Con un uomo ormai troppo cambiato
Ti hanno lasciato, inutile pazzia,
Vedere il fondo della malinconia
Di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
Sarete presto una folla distante
Scavalcate da un ricordo più vicino
Per poco che la felicità ritorni
E’ molto raro che ci si ricordi
Degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
E’ più difficile dimenticarti
Di quelle felicità intraviste
Dei baci che non si è osato dare
Delle occasioni lasciate ad aspettare
Degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
Quando il rimpianto diventa abitudine,
Una maniera di viversi insieme,
Si piangono le labbra assenti
Di tutte le belle passanti
Che non siamo riusciti a trattenere.
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