Cercavo un castello, ho trovato l’aglio in fiore
La prima frase che mi è venuta in mente per intitolare questo articolo è stata
“Rovolon: il sentiero dei fiori dell’aglio
No, non stiamo parafrasando Calvino. O almeno, non solo. Il sentiero dei fiori di aglio è il nome che scelgo fra tanti per raccontare l’ultima camminata organizzata dai tre escursionisti laureati in scienze forestali di Vividus: Saverio, Giovanni e Raffaele. Il percorso, nel comune di Rovolon, è a cavallo fra il Monte Grande e il Monte della Madonna.
Con Vividus, nei weekend veneti, un folto gruppo di amanti della natura, pronti all’avventura e a confrontarsi con sentieri impervi, si dà appuntamento nel mezzo dei Colli Euganei. Stavolta siamo in un punto poco distante da Parco dei Tigli, clinica psichiatrica tristemente nota per aver ospitato Marco Pantani. Subito, ad accoglierci, il parroco del paese incuriosito ci invita a recarci nel bar parrocchiale per un caffè mattutino: in fondo è presto, trovare il parcheggio pieno di macchine a quest’ora è inusuale a Rovolon.
E caffè sia. Entriamo con la nostra guida, il signor Saverio: licenza da guida escursionistica in tasca e passione che sprizza da tutti i pori. In ogni aneddoto che racconta, sia esso riguardante la natura circostante, i Colli Euganei, le piante, gli arbusti, il territorio padovano, ma anche discorsi riguardanti la musica e le altre città d’Italia, è difficile trovare Saverio impreparato. Come quando ci siamo ritrovati a parlare del quartiere romano del’EUR con estrema familiarità di entrambi. Con una vena di rammarico, Saverio presentandosi racconta di quante volte sia andato a bussare alle porte di enti pubblici per collaborare con il turismo organizzato, ricevendo perlopiù rifiuti noncuranti della sua esperienza e preparazione. Ma la passione non si ferma, è linfa che scorre nel sangue e che ha spinto l’uomo a proseguire fino all’ultimo, trovandosi due compagni di escursioni e camminate, fino a dare il via a dodici anni di percorsi nella natura in cui ogni fine settimana gruppi di decine e decine di appassionati si lasciano trasportare da racconti ed evocazioni itineranti e da puntigliose esplorazioni delle meraviglie del territorio.
C’è lo spirito osservatore dello scienziato e c’è la spensieratezza di una gita fra amici, con Vividus.
L’orologio punta le nove e finalmente il gruppo si accinge a partire: in fila indiana dietro a Saverio che di tanto in tanto si ferma e, con la discrezione paciosa di un amico ma la preparazione teorica alle spalle degna di un maestro esperto in materia, sale su un masso (“non è un masso qualsiasi, questa è trachite!”) e racconta agli escursionisti la natura che hanno attorno, spiegando il terreno e la sua acidità, corrucciandosi per i castagni affetti da un cancro che ne rovina la corteccia.
La prima sorpresa del tragitto, quella che ci ha accolto ed aperto la strada alle molte altre che avremmo trovato sul nostro percorso, è stata ritrovarsi le narici cariche dell’odore – non sgradevole, non vi allarmiate! – dell’aglio in fiore. Sorprende un po’ trovarsi ad odorare, in un bosco, un odore che siamo abituati a trovare in cucina: i fiori sono bianchi e delicati, è l’aglio orsino. La fioritura non è lunga, il signor Saverio non esita a rivelarci che averlo trovato in fiore è una vera fortuna. L’aglio orsino, che discreto invade le terrazze pianeggianti dei boschi perché ha bisogno di acqua stagnante, è soltanto una delle sorprese che Rovolon ha riserbato ai fedeli viaggiatori che con la sottoscritta hanno condiviso una giornata sfuggita per accidente all’anonimato dei post-festivi.
Dopo l’aglio orsino, a salire, s’è fatta la conoscenza di felci, sambuchi, castagni, robinie, fiori di ranuncolo ovunque ed eriche. In alto avvistiamo anche olmi ed ornielli, tipo particolare di frassino.
“Le piante sono il termometro di vita del terreno”, ci dice il signor Saverio. Ecco perché salendo le robinie lasciano il posto ai castagni. Il triangolo delle variabili è semplice: a regolare la nascita delle piante ci sono fotoperiodo, ovvero condizioni di luminosità ed alternarsi con il buio, terreno – dal Ph più o meno elevato, ad esempio – e clima – voce a cui annettere anche piogge e quant’altro. Il ranuncolo, ad esempio, è grande amante di una luminosità intermedia – “equinoziale”, specifica Saverio – . Il muschio stellato, invece, si trova in genere in boschi più freddi, ma – fortunati! Ribadisce Saverio, anche lui sorpreso – nel percorso tracciato sul Monte della Madonna era presente anch’esso. A soli 150 metri di altitudine, prima di elevarci ai 500 raggiunti al culmine del percorso, prima di cominciare la discesa.
Un tempo, attorno all’anno 1000, nei territori dove ora ci muoviamo si trovava un castello contesissimo fra padovani e vicentini fino al momento in cui i vicentini, conquistatolo, invece di appropriarsene risolsero il problema facendolo fuori. Ora è difficile ripercorrere le tracce del castello, ma immaginare la sua presenza è senz’altro un evocativo viaggio con la mente. In cima al monte della Madonna troviamo oggi un monastero di benedettini. Monasteri, santuari, chiese: li hanno sempre costruiti in alto. “Chissà se in segno di potere, di proprietà, di elevazione verso l’alto o semplicemente per esigenze sanitarie”, riflette a voce alta il signor Saverio mentre ci incamminiamo sul sentiero dei benedettini per scendere.
Troppo presto l’escursione è volta al termine. Resta la voglia di farsi guidare da Saverio in un altro punto nascosto del Veneto, lasciare che sia lui o i suoi compagni Giovanni e Raffaele a raccontarcelo. Perché quando uno è mosso dalla passione, sa catturarsi la fiducia, e non c’è niente di meglio che lasciarsi guidare in viaggio da una persona a cui si sa di potersi affidare.
Per conoscere il programma delle prossime escursioni, visitare il sito:http://www.vividus.it/conoscere_territorio.html