Facebook provoca depressione, capperi!
Facebook provoca depressione, lo dicono degli studiosi del Michigan, e se lo dicono loro dev’essere vero. Capperi, e io che non me n’ero mai accorta! Però effettivamente, a pensarci bene, una certa sensazione di disagio spesso e volentieri la provo. Mi capita soprattutto quando mi relaziono con altre mamme. Non tutte ovviamente, certe mamme. Come l’altro giorno che tranquillamente scrollavo col mio mouse nel verde prato dell’indifferenza, sai di quei pomeriggi né caldi né freddi, in cui la luce del sole langue oltre i vetri, ma con riflessi non troppo decisi? Tu sei li al tuo pc, e devi finire mille mila lavori. E dici che non ti fai un giretto su facebook? Ma si dai, giusto per vedere cosa scrivono i tuoi amici o se trovi qualcosa d’interessante in uno dei tanti gruppi a cui ti sei iscritta per inerzia, semplicemente cliccando, senza troppi pensieri.
Ebbene, tu sei davanti allo schermo e ti rendi conto di essere ancora in vita solo perché senti l’aria uscire dalle narici, quando all’improvviso ti si para davanti agli occhi uno di quegli articoli scritti da femmine frustrate che danno impulso alle dita sulla tastiera perché vogliono palesemente attirare l’attenzione del maschio medio, medio basso. E l’articolo in questione No dico, che ci vuole il porto d’armi, se non stai attento ti infilzano come uno spiedo e poi capace che parta pure lo scatto a immortalare l’attimo.
Ma allora qual è il problema? Cosa manca a queste donne che temono di perdere il proprio uomo se per caso danno più attenzioni al figlio?
E non è tutto, questa è una categoria, ci sono poi quei necrofagi virtuali che sventolano link degli ultimi cadaveri di giornata, annegati, seppelliti, fatti a pezzi, che importa, chi posta per prima la foto vince… vince? Come direbbe un certo personaggio, una beataminchia.
Allora provi ancora a fare scroll, ecco, un fiorellino primaverile, un quadretto con parole stucchevoli vomitate dalle cartine dei baci Perugina e stoicamente attribuite a Jim Morrison o al povero Ernesto. Bene, cerco di non abboccare all’amo e continuo a scrollare verso il basso. Amici che postano foto di arrostite come se fosse l’ultimo giorno della terra, foto di spiagge e cani in queste recenti belle giornate (e sono la cosa migliore) e poi ci sono loro, i maledettissimi selfie. Perché oggi chi non si fa un selfie non vale niente. E mi viene in mente l’ultima gita a Firenze che risale nemmeno a un mese fa, dove tutti, turisti e non, giravano armati di manganello, pardon, di asta per selfie. No dico, che ci vuole il porto d’armi, se non stai attento ti infilzano come uno spiedo e poi capace che parta pure lo scatto a immortalare l’attimo.
Ma il peggio del peggio è stato sulla giostra antica dove un manipolo di ragazzini spagnoli, asta dotati, si scattavano selfie mettendosi in piedi sui cavallini mentre la mamma di uno di loro belava nemmeno troppo convinta “¡Baja Facundo, baja!”, che già se ti chiami Facundo è un motivo più che sufficiente per ingoiartela l’asta per selfie.
Ritorno al mio virtual depression tour ma “Non ci sono altre notizie” mi dice perentorio sig. Facebook mentre cerco di andare ancora giù con lo scroll. Che peccato, il mio grado di depressione non ha ancora raggiunto i livelli di guardia, dovrò giocarmela sull’opzione cumulativa, forse, nel tempo…