Sarà Aristotele o la bicicletta?
Aristotele e l’horror vacui stavolta non vogliono arrivare. Avrei dovuto consegnare questo articolo già ventiquattro ore fa, ma come avrete capito, non ci sono riuscito. Di solito mi si accende un’idea. una luce a mille watt, quello che poi diventa l’incipit. Da lì, l’horror vacui mi pervade e scrivo come un ossesso, divento uno che vomita parole, affolla di lettere lo schermo bianco. Supero ogni misura consigliata a chi scrive per il web, ma che dirvi, non posso fermarmi, la corsa inizia su una discesa lieve ed io sono in bicicletta, giro la manopola del cambio, innesco il rapporto adatto ad allungare la pedalata e prendo velocità. La catena fa ancora presa sulla corona, ed io spingo, spingo senza accorgermi che la pendenza diminuisce lo sforzo. Finalmente mi arrendo, affondo il piede sinistro sul pedale e fermo le gambe, riprendo fiato, sento i quadricipiti bruciare, ma la soddisfazione della reazione muscolare quasi mi eccita. Il ronzio delle ruote sulla strada è monotono, le braccia si oppongono al manubrio per tenere la traiettoria, fisso lo sguardo ai lati perché da nessuna traversa esca un’auto all’improvviso che mi faccia volare da qualche parte. La bicicletta scivola via, pare conosca la strada, quel percorso che faccio sempre per tenermi in forma. Non vedo più i raggi, mi appaiono come un velo leggero che regge la ruota. Il cerchio nero gira, gira vorticosamente. Aguzzo lo sguardo per scorgere almeno la valvola, nulla sparita anche quella. Mi allungo per vedere cosa ne sia stato del disegno del battistrada. Zero, solo una biscia nera e liscia che rotolando macina i metri sotto di me.
Uhmmm, stavolta Aristotele non viene in mio aiuto. I miei colleghi dicono che sono un autore pop, che tiro fuori una storia anche da una patata spiaccicata, ma in questi giorni sono a secco
Quando ho iniziato a volare ci sono rimasto molto male. Quegli angeli, quegli esempi di perfezione non li avevo trovati. Di ritorno da Cagliari, una culona in gonna color kaki, mi fece saltare i nervi per tutto il tragitto. Antipatica anziché no, sembrava tesa come se stessimo sprofondando nel Tirreno in caduta libera. In rotta per Parigi, sembrava di essere circondato da quattro Visitors con foulard al collo. E potrei continuare. Stavolta no. In cima alla scaletta del velivolo, all’andata, mi ha dato il benvenuto una signora non più giovane. Capelli castani tirati in uno chignon, lucidi, sicuramente lavati di fresco, labbra forse rifatte, di un rosso fuoco, bustina militare in testa. Ha afferrato con il pollice e l’indice la mia carta d’imbarco, senza togliermela di mano, lasciando ben in evidenza il resto delle dita accuratamente smaltate, ha inclinato la testolina incappellata e come se avesse appena ingoiato un cucchiaio di miele mi ha detto che avevo il posto 7A, accanto al finestrino: Si accomodi e faccia buon viaggio. Avvicinandomi ho potuto sentire anche un buon profumo delicato. Ma insomma, allora esistono. Mentre percorrevo il corridoio in cerca del 7A, mi chiedevo come facesse la tipa ad essere tanto bella a quell’ora. Ma santoddio, io ero già schiantato, alzato dalle cinque per imbarcarmi, per poco non abbattevo un pilastro del parcheggio lungasosta per via del sonno, ma lei come cacchio faceva? Boh, sono esseri superiori, per forza. Al ritorno, la conferma. Una splendida toscana, di chiare origini africane era lì ad aspettarci. Bella come poche, anche lei capelli raccolti e labbra rosse. Non ho gradito che portasse i pantaloni e le ballerine, orribili, ma è riuscita a tenermi incollato a sé mentre ci diceva della mascherina dell’ossigeno e del salvagente. Che poi, questa cosa del salvagente non l’ho mai afferrata. Cioé, se ammariamo, mettiamo tutti il salvagente e cerchiamo di tenere a galla il bisonte? Mi sa che al prossimo volo, questa domanda la faccio. Sono rientrato a Napoli con la ferma convinzione che le due signore siano bellissime anche sulla terra ferma, che si muovano quasi levitando, che siano sempre altere e profumate, sempre con un barattolo di miele in borsa, pronto alla bisogna.
Nel frattempo si è fatta ora di cena, vado a mangiare qualcosa. Lo sforzo in bicicletta mi ha messo fame. Ops, ma è passato Aristotele e non me ne sono accorto?