Fuori (dal) Salone
Anche quest’anno è giunta al termine la patinatissima e rusticissima, decisamente altolocata ma altrettanto democratica, fiera milanese del Salone del Mobile. E la forse ormai più nota kermesse collaterale del Fuori Salone.
E’ il primo anno che non ci sono andata. Né come visitatrice né come giornalista. Ma si sa, non sempre guardare dall’esterno significa vedere peggio. Il simbolo di queste settimane dell’innovazione dovrebbe essere un Gattopardo: rivoluzionare di continuo, affinché tutto resti uguale.
Le strade di Brera, via Tortona e Lambrate – al pari dello spazio in fiera – sembrano prodotti di una macchina ferma-tempo, dove bio-tech, eco-chic, veggie-street-food la fanno da padroni. Ormai anche un tonto ha imparato che per vendere bene basta prendere una stecca di legno o una foglia di lattuga (anche dal mobile Ikea o dal sacchetto dell’Esselunga), darle un nome inglese, meglio se composto, e imbustarla in carta riciclata.
Evergreen, è proprio il caso di dirlo.
rivoluzionare di continuo, affinché tutto resti uguale
Prima la Milano Fashion Week, poi Salone e Fuori Salone, tra qualche giorno Expo 2015: un lungo effetto traino che ha trasformato il capoluogo lombardo da pillola amara dell’industrializzazione polverosa a confetto prelibato, ovviamente gusto after eight.
Quindi, niente accuse: meno male che c’è gente che non si è ancora stancata, perché questo tipo di manifestazioni costano tanto ma rendono tantissimo. Solo, per favore, non chiamatela “fucina delle idee”.