L’Opera lirica, un quadro in musica
Vado all’opera come se andassi in una pinacoteca ad ammirare i quadri: ogni sala è dedicata ad un pittore e così quando si attraversano le varie stanze si osservano tecniche pittoriche che contraddistinguono un’epoca, uno stile, una visione del mondo. Così gli stili musicali delle due opere liriche, Toreador e Cavalleria rusticana, vengono amalgamati dalla bacchetta di Stefano Ranzani a suo agio sia con la musica francese che con l’impeto verista della musica di Pietro Mascagni, sottolineando la differenza non solo linguistica ma fondante tra l’opera pre-romantica e il melodramma di matrice verista. Ascoltando e guardando mi viene in mente di accostare il quadro dei girasoli di Vincent Van Gogh all’uso delicato dei colori di Pierre August Renoir nel suo grande vaso di fiori mi viene in mente di accostare il quadro dei girasoli di Vincent Van Gogh all’uso delicato dei colori di Pierre August Renoir nel suo grande vaso di fiori.
Così l’altra sera al Teatro Massimo di Palermo lo spettatore, seduto nel suo palco, ha assistito ad uno spettacolo composito il cui fil rouge fu dettato dallo scenografo e costumista Francesco Zito. Lui e la regista Marina Bianchi hanno, da un lato, disegnato un nuovo spettacolo per l’opera di Carles Adam (in prima italiana in versione originale) Le Toreador ou l’Accord parfait , dall’altro si sono impegnati in un importante recupero filologico per Cavalleria rusticana, rimontata secondo il bozzetto preparato da Renato Guttuso per un allestimento del Massimo del 1974.
Risultato di questa operazione è la realizzazione di uno spettacolo colorato e gradevole, con una congruenza tra la parola, la musica e l’ambientazione che proietta lo spettatore verso una dimensione fantastica e immaginativa. Questa è la magia del teatro d’opera e questa è l’operazione portata a termine con successo dai cantanti, dalle maestranze, dal coro e dall’orchestra, frizzante nella prima parte e appassionata nell’esecuzione di un’opera di repertorio come Cavalleria Rusticana .
La prima messa in scena riproduce il camerino della soubrette dentro un teatro d’opera, mentre i ballerini riscaldano i muscoli prima di andare in scena e i musicisti ripassano i loro brani. Lo spettacolo nello spettacolo è il trionfo dell’opera comique con l’allegro gioco degli equivoci, attraverso porte che si aprono e chiudono con un viavai di personaggi, alcuni dei quali interpretano se stessi come, per esempio, il flautista, vero professore d’orchestra.
I repentini cambi d’abito del soprano protagonista, e i suoi virtuosismi vocali, accompagnano lo spettatore verso una fresca esecuzione che riporta alla mente i quadri di Henri de Toulouse-Lautrec.
Chiediamo alla protagonista, il soprano Laura Giordano, le difficoltà sceniche di interpretare il ruolo di Coraline.
Chiediamo alla protagonista, il soprano Laura Giordano, le difficoltà sceniche di interpretare il ruolo di Coraline:
Questa briosa regia ha messo in risalto le tue qualità interpretative, ma quali difficoltà hai incontrato nel recitar/cantando?
La difficoltà maggiore è stata nel recitato parlato, declamato per arrivare fino all’ultimo posto della platea. Ovviamente passando dal recitato al cantato c’è un cambio di impostazione con le conseguenti difficoltà tecniche date dalle grandi coloriture e dall’estensione vocale richiesta dal ruolo.
Un soprano con una carriera internazionale come la tua che emozione prova a cantare nel teatro d’opera della propria città?
Cantare al Teatro Massimo per me è sempre un’emozione impareggiabile soprattutto nei ruoli da primadonna. Ogni volta che calco le scene ricordo i miei esordi da cucciolo di soprano, già diciotto anni fa. Questo teatro ha colori e odori particolari ed unici, ed ogni volta mi sembra di tornare indietro nel tempo. Questa sensazione è un balsamo per il mio cuore, ma nello stesso tempo sento un grande senso di responsabilità, perché mi sento in dovere di dare il meglio di me, al teatro e agli spettatori della mia città.
Nella ripresa, dopo l’intervallo, ci accoglie in sala un bozzetto di Renato Guttuso che fa piombare lo spettatore, ancor prima che la musica cominci, nella dimensione della provincia siciliana di inizio secolo. La musica di Mascagni, già nelle prime note del preludio, avvolge i nostri sensi e predispone l’animo dello spettatore alla passionalità. Le melodie di Cavalleria Rusticana hanno una funzione drammatica ben precisa: già il coro nelle prime note introduttive esprime l’aria festosa primaverile della campagna siciliana nel giorno di Pasqua. Tutto questo fa da cornice ad un quadro di passione e morte che culmina nella romanza di Turiddu “Addio alla madre”.
Incontriamo uno dei protagonisti dell’opera lirica Cavalleria Rusticana, il baritono Alberto Mastromarino, che presta la sua voce scura e possente al personaggio di Alfio .
Incontriamo uno dei protagonisti dell’opera lirica Cavalleria Rusticana il baritono Alberto Mastromarino che presta la sua voce scura e possente al personaggio di Alfio:
Quante volte ti sei misurato con compare Alfio e Cavalleria Rusticana nella tua quasi trentennale carriera?
Tante e in tutti i più prestigiosi teatri del mondo e nei momenti più intensi della mia vita, mi risponde con grande disponibilità davanti ad un piatto di pasta con le sarde, giusto per sentire anche con il gusto l’aria siciliana.
Quanto hanno condizionato i registi e la messa in scena lo sviluppo del personaggio?
Certo devo seguire l’idea del regista per i movimenti di scena ma poi la musica ha il sopravvento e riesco a delineare un personaggio che trasforma l’ingenuità di carrettiere in un marito costretto dagli eventi a lavare con il sangue l’onore tradito. In tutti questi anni il mio personaggio si è arricchito di volta in volta di un particolare creato dal regista di turno e trasformato dalla mia sensibilità. Ogni personaggio che interpreto è la somma di tutte le esperienze passate arricchite dal lavoro del momento.
E compare Alfio a Palermo?!
Il teatro di Palermo è un teatro d’opera nel quale canto sempre molto volentieri. Sono arrivato per questa produzione particolarmente preparato perché ho riletto la novella di Giovanni Verga e l’ho confrontata col libretto di Giovanni Targioni – Tozzetti e Guido Menasci. Ho fatto alcune “scoperte” che mi hanno aiutato a disegnare un personaggio ancora più introspettivo.
Anna Patti
Al Massimo si torna sempre volentieri. Il privilegio di essere lì rimane intatto ogni volta che si attraversa il foyer per entrare in sala. Anche stavolta l’ho fatto con un po’ di soggezione, dopotutto stiamo parlando di un tempio e quando non professi propriamente quella religione il timore di apparire blasfemo affiora. Mi sono seduto in attesa che lo spettacolo iniziasse sul palcoscenico, già pago di una rappresentazione collettiva che ho scoperto comincia ben prima che si apra il sipario. L’opera mi affascina, ma non meno esercita su di me un potere ipnotico tutto ciò che riguarda i luoghi in cui si svolge il rituale della recita. La monumentalità stessa del Teatro Massimo, i segni del tempo che lo caratterizzano sono già un biglietto da visita da mozzare il fiato, per uno come me che appartiene a Palermo solo con il cuore ma che non ha il privilegio di esserne un cittadino. Ecco, forse i miei occhi di forestiero, avidi, desiderosi di incamerare ogni singolo dettaglio, mi spingono a prestare attenzione per ogni cosa mi stia intorno. Sabato sera ho assistito a qualcosa di corale, nel senso più ampio del termine. Sono entrato in contatto con i veri appassionati, con i tifosi, gli amatori, ho scoperto veri fan club della lirica. Si trattava di una prima, di un evento importante. Cavalleria Rusticana, su una passata regia di Guttuso, il cui bozzetto originale potete ammirare sopra, nell’articolo a cura della collega Anna Patti.
L’opera non è solo fatta di attori e cantanti, è una costruzione complessa a cui il pubblico partecipa attivamente, portando il proprio vissuto, esprimendo il proprio carattere. Ho visto in carne ed ossa Carmen prendere posto poche file davanti a me, una Carmen contemporanea, portata in platea da un giovane ragazzo in giacca, papillon, pantofole in velluto ricamate in oro e un sontuoso scialle a rose rosse con frange di seta lunghissime. Ho incontrato Madama Butterfly, ormai adulta e rediviva, con una vestaglia frusciante, gialla, di tessuto leggero, gonfiata dalla leggera brezza di una primavera palermitana dolcissima. Il cerone non era sufficiente a coprire il bluastro della barba, ma l’effetto, credetemi, era di tutto rispetto. Un fascinoso ed ubertoso mezzosoprano, durante l’intervallo tra Le toreador e Cavalleria, mi ha citato cantando, sotto il meraviglioso portico d’ingresso, le più celebri arie del repertorio classico. La storia della Bohème, in tre minuti, dalla speciale sintesi di un frequentatore assiduo.
Conoscere Laura Giordano ha solo aggiunto condimento ad un piatto già promettente. Bravissima nel suo ruolo, questa splendida ragazza non parla, canta. Anche un semplice grazie è pura melodia, aumentando così il mio quasi deliquio. In palcoscenico è stata un’atleta e non ho potuto fare a meno di dirglielo. Da qui, il suo musicale grazie di cui sopra. La sua voce ha davvero fatto tremare i pilastri, dimostrando una forza fisica ed interpretativa che da uno scricciolo come lei forse non ti aspetti. Formidabile il momento Burlesque ante litteram che ci ha regalato. In una parola, è stata seduttiva, totalmente. Il teatro d’opera è tutto questo e molto altro. Ancora una volta sono stato un privilegiato, ho addirittura visto il retropalco, l’origine della messa in scena, i macchinari, i dettagli di un lavoro scenografico che rende vera la finzione, frutto di alte maestranze artigianali. Ne sono convinto, la lirica è pop e sono felice di questa mia graduale ma inesorabile conversione.
Antonio Messina