Ovunque tu sarai
Di solito non amo i romanzi di quelli che …e vissero tutti felici e contenti.
Di solito. Quando ho avuto tra le mani il libro di Fioly Bocca, in uscita ad aprile edito da Giunti, ho pensato, ecco, ci siamo, una nuova storiella per adolescenti o signore annoiate dalla quotidianità fatta di fornelli, panni da stirare e giocattoli sparsi sul pavimento.
Inizio a leggere le prime righe. “Ci sono giorni perfetti per essere felici. Me ne sto seduta su questa panchina ai Murazzi, mentre Torino si acquatta sotto una coperta di nebbia, così densa da sfumare i contorni e cambiare gli odori alle cose”.
Caspita, questa ragazza scrive bene! Non ci avrei scommesso nemmeno un centesimo. La lettura mi prende e proseguo vorace perché voglio sapere cosa accadrà voltando la pagina successiva.
La storia narrata è abbastanza semplice, gli ingredienti che creano un romanzo di successo ci sono tutti: sofferenza, coincidenze, storia d’amore catartica, ironia. Ma soprattutto ci sono le parole. Le parole che Fioly sceglie con una cura maniacale dall’asse paradigmatico e che incastra come tessere di un mosaico una dietro l’altra, per ottenere l’effetto voluto.
Ovunque tu sarai è un balsamo di figure retoriche quasi impercettibili, di musicalità e di quel giusto pizzico di leggerezza
Metafore delineate con una semplicità tale da sembrare pennellate d’acquerello; l’autrice gioca con tecniche narrative che sono incastrate nel tessuto testuale con naturalezza, ma che non sfuggono a chi fa del romanzo una lettura che va oltre la storia d’amore di Anita e Arun.
il romanzo ti scivola dentro parola per parola
Senti il cuore che accelera i battiti mentre ti avvicini alla camera di tua/sua madre. Senti addosso quell’angoscia della protagonista che non si arrende alla malattia e che, forse puerilmente, si aggrappa a quell’idea di focolare domestico che sa bene non tornerà mai più.
Poi c’è la relazione stanca, che si trascina come un arto offeso, e che bisogna amputare, ma si ha paura delle assenze. Fioly è molto brava a rendere gli stati d’animo dei protagonisti palpabili, li prende dalla penna e li traspone in una realtà a cavallo tra il reale e il realistico, facendoceli annusare, sfiorare, cucendoceli addosso come abiti sartoriali.
Poche frasi sistemate al posto giusto, come questa Amore, ciao – mi risponde con il tono sbrigativo di chi non vuole essere disturbato – posso richiamarti tra una mezz’ora? E subito intuiamo che qualcosa nel rapporto tra Anita e Tancredi non funziona, che qualche asse scricchiola, ed è solo il principio di un gioco di parole non dette, in questo caso.
Percepiamo il vuoto che crea la relazione tra i due, relazione che è poco più di un ultimo legame con una vita esausta, passata.
Proseguo la lettura quasi senza interruzioni, perché devo sapere cosa ne sarà di quel rapporto stanco, perché la bravura di quest’autrice sta proprio nel creare aspettative, nell’instillare nel lettore il desiderio della scoperta, di sapere cosa succede adesso?
Poi si arriva all’incontro casuale, alla parte del romanzo che più troverà il consenso delle lettrici che amano le classiche storie d’amore. Perché per ogni personaggio esiste un riscatto, una condizione fatta di equilibri precari che nel dipanarsi degli eventi si incastrano alla perfezione. Eventi che si susseguono, si rincorrono tra figure delle volte già viste, ma che non smettono mai di conquistare.
Finito. In meno di una giornata l’ho finito, ma io sono una lettrice incallita e che ha appena passato un lungo periodo di astinenza causa maternità. Ovunque tu sarai è un balsamo di figure retoriche quasi impercettibili, di musicalità e di quel giusto pizzico di leggerezza che, se ben calibrato, rende la lettura un piacere estetico e morale.