C.J. Cela: l’agretto della letteratura spagnola
Cosa hanno in comune un Nobel della letteratura spagnola e un piatto di spaghetti alle verdure?
La risposta ce la danno gli agretti.
Certo: per parlare di agretti avrei dovuto citare Branciardi, ma sarebbe stato troppo facile. Ecco perché ci sposteremo verso la penisola iberica per conoscere il Pessimista del Novecento per eccellenza: Camilo José Cela, Nobel per la Letteratura dell’anno 1989, noto soprattutto per il suo romanzo “La famiglia di Pascual Duarte”.
Propongo due brevi estratti che introducono due diverse edizioni de “La Colmena”, in italiano “L’Alveare” (edito in Italia da Einaudi).
Le citazioni:
#1 : Tratto dalla “Nota alla prima edizione”
“Mentono coloro i quali vogliono camuffare la vita con la maschera folle della letteratura. Quel male che corrode gli animi; quel male che ha tanti nomi quanti gliene vogliamo dare, non può essere combattuto con i panni caldi del conformismo, con il cataplasma della retorica e della poetica.
Questo romanzo non aspira a essere più – né meno, certamente – di un frammento di vita raccontato passo a passo, senza reticenze, senza strabilianti tragedie, senza carità, come fluisce la vita, esattamente come fluisce la vita. Che lo si voglia o meno. La vita è quello che vive – in noi o fuori di noi – ; noi non siamo altro che il suo veicolo, il suo eccipiente, come dicono i farmacisti.”
#2: Tratto dalla “Nota alla seconda edizione”
“Su L’alveare, in questi quattro anni trascorsi, si è detto di tutto, in bene e in male, ma, certamente, poco con senso comune. È doloroso rendersi conto che la gente continua a pensare che la letteratura, come il violino, per esempio, sia uno strumento che, ben usato, non fa danno a nessuno. E questo è uno dei fallimenti della letteratura”
In linea con questa saggia e ponderata ma comunque estrema acredine, vi propongo una ricetta a base di agretti. Pare infatti che queste verdure prendano il nome proprio dal loro presunto sapore aspro. A me non risulta: questa ricetta è meravigliosamente saporita. Se questa è l’acredine, queste alte riflessioni sull’esistenza – opache e crudeli, sì, ma profonde – e queste verdurine filiformi saporite, allora ben venga l’agro!
La ricetta:
Spaghetti di farro agli agretti e bis di pomodori con alici
Ingredienti:
- Spaghetti di farro
- Agretti (barbe di frate)
- Pomodorini
- Pomodori secchi
- Alici sott’olio
- Aglio, olio, peperoncino, pepe
Lessare gli agretti e ripassarli con aglio olio e peperoncino, aggiungere i pomodorini dopo averli appena sbollentati in acqua calda. Unire poi alici e pomodori secchi facendoli cuocere appena qualche istante. Lessare la pasta ed unirla al sugo.
Io ho tenuto qualche pomodorino da parte per decorare e lo ho passato in forno perché si abbrustolisse, rompendo invece gli altri per creare una salsina con cui mantecare la pasta. Una cosa importantissima per questo piatto è l’aggiunta dell’olio a fresco. Ma deve essere un olio buono, nuovo, vivace.
Alcune varianti trovate online suggerivano alcune aggiunte: capperi, aceto balsamico, origano, zucchero, olive… Ma a me piaceva così. Non volevo una pasta alla puttanesca, non volevo un sapore agrodolce.
Mangiateli e vedrete che forse, in fondo, la vita non è poi così agra.