Il mio amico cane
Sentivo i suoi passi, dietro di me, come quelli di un bambino;
mi raggiunse mi toccò lievemente col muso per avvertirmi ch’era lì,
e come per chiedere il permesso di accompagnarmi.
Mi volsi e gli accarezzai la testa di velluto;
e subito ho sentito che finalmente anch’io avevo nel mondo un amico.Grazia Deledda – Il flauto del bosco
Così era il mio amico cane. Amico, compagno, fratello. Non della stessa specie, non di sangue, ma di respiri, di corse contro vento, di istinto e purezza. “Era solo un cane” Mi hanno detto. Certo, lo era. Ma tra le parole solo e cane c’era tutto un mondo. Il nostro. Un mondo destrutturato, privo di quell’attitudine prettamente umana che è il mentire, o anche solo il fingere, il dissimulare, o simulare. Il nostro mondo era racchiuso dentro un battito.
Tartufo contro naso, a fissarci negli occhi. Tutti preoccupati che no, cane grosso più bambino appena nato è un’equazione disdicevole.
Dovrei ricordarti mentre correvi sulla spiaggia, o quando toglievi la testa fuori dal finestrino e sembrava che la lingua dovesse volarti via dalla bocca come una sciarpa al vento. Dovrei ricordare quando eri un cucciolino peloso che amava conficcare i suoi dentini da latte nel tacco delle mie scarpe, o che rosicchiava le caviglie di mamma mentre lavava i piatti. Dovrei proprio ricordarti così, quando aprivo la porta e mi saltavi addosso come nei cartoni dei Flinstones faceva Dino con Fred. Dovrei ricordare anche quando mi vedevi rifare la valigia e subito dopo mi inseguivi dando zampate al trolley per non farmi andare via.
Invece no, ricordo il tuo respiro ansimante, il pelo scomposto e opaco, lo sguardo rassegnato. Non avevi paura, ma sapevi che il nostro tempo assieme era finito. La clessidra stava lasciando cadere gli ultimi granelli di sabbia della tua esistenza. Le parche, loro stavano per tagliare il filo. O lo tagliano solo per le persone? Francamente la cosa mi sfugge. In effetti tu eri solo un cane. Dovrei ricordare come annusasti Matteo il primo giorno che lo portai a casa. Ero sicura che gli avresti voluto bene. Tutti preoccupati che no, cane grosso più bambino appena nato è un’equazione disdicevole. Io no, io e i miei no. Sapevamo quanto forte fosse il legame tra cane e bambini, perché noi i cani li abbiamo sempre respirati nella nostra casa.
Dovrei ricordarti esattamente così, mentre non facevi avvicinare nessuno alla culla del mio bambino. Invece ricordo la tosse emorragica, la fatica che facevi a reggerti sulle zampe. La tua figura imponente, la tua fierezza prostrata in così pochi giorni. Dovrei ricordarti mentre ti affacciavi alla finestra e guardavi le macchine come se fossi davvero interessato al traffico. Dovrei ricordarti nei collegamenti con skype. Io ti dicevo di portarmi la pallina e tu correvi verso il PC con la pallina in bocca. Invece ricordo quella notte di respiri stremati. Quello sguardo fisso sul muro e che si fissava sfiancato su di me quando ti accarezzavo sussurrandoti “Dormi piccolino, dormi”.
Ma soprattutto ricordo i tuoi passi incerti nell’androne delle scale. Un gradino. Ti spingo, un altro gradino, ti sorreggo, un altro gradino. Mi guardi e ti accasci a terra. Solo una lunga, infinita, rapidissima contrazione. Una carezza. Ti rilassi. Finalmente. Sei sul ponte arcobaleno.
Ti ho sognato che correvi verso di me e saltandomi addosso mi leccavi il viso. Mi hai detto “Ciao, io vado, ora sto bene”. Eri solo un cane, il mio.