Chi dorme non piglia pesci
La faccenda del sonno e dei pesci non presi m’ha sempre detto strano. Una sorta di inno all’azione che contiene un avvertimento mafioso per il pescatore: guai ad appisolarti, mal te ne incolga! Se cedi alle braccia d’Orfeo, non prenderai neanche un pesce. Che intanto non è vero. Una volta gettata la rete, o l’esca, il lupo di mare può anche dormire serenamente e addirittura, nel caso delle reti, far rientro a casa, dormire sui propri guanciali e ritornare l’indomani a scoprire quant’è stato generoso il mare. Ma la questione è un’altra.
E’ che coi tempi moderni quest’avvertimento suona sempre più minaccioso ed imperativo, cogente fino al punto di farti pensare che, per ogni ora che avrai concessa al sonno, altri avranno avuto tanto d’occhi spalancati, e ci sarà sempre, che tu lo voglia o meno, qualcuno più sveglio di te, e più lesto a cogliere le opportunità che la vita offre. Su un piatto d’argento, facili e comode, proprio mentre dormivi. Anche quell’unica volta che stavi dormendo.
è vero che chi dorme non piglia pesci; ma in fondo la questione interessa solo i pescatori
Un cambio di passo sarebbe invece auspicabile, in senso contrario. Una specie di decrescita felice, che faccia apprezzare gli effetti ristoratori del sonno, che punti più alla qualità del pescato che al numero di pesci presi, che permetta di guardare ad una attività con passione e approfondimento, e non con l’ansia patologica della produttività, che genera gravissime distorsioni. Che rende un paziente, agli occhi di un medico, un ricoverato. Che mette fretta ai giornalisti, e impedisce loro di verificare e approfondire le notizie, nel timore che altri intanto le pubblichino prima, e quindi: manda online, o peggio in stampa, che poi si vede. Che fa vedere il professore, agli occhi dello studente, come un ostacolo a un altro voto sul libretto, e sempre meno come un’opportunità. Che fa prevalere l’avere sull’essere, sistematicamente, perché essere in fondo non è produttivo. Che propugna l’idea che grande sia più bello che piccolo, e anche più efficiente, quando spesso è vero il contrario. Che relega la gentilezza e le buone maniere, e i vari prego, buongiorno, scusi, permette, a vani cerimoniali, o perdite di tempo, quando costituiscono invece le fondamenta del reciproco rispetto, il quale s’apprende anche con la quotidiana frequentazione, per l’appunto, delle buone maniere. Che non ti fa arrivare in fondo a quest’articolo, tanto il senso era già chiaro un pezzo prima.
Ed invece ti ringrazio, perché continui a leggere. Altri avranno abbandonato. Ed è però proprio grazie a quelli come te che mi rendo conto che se buon pesce ho pescato, non è perché sono a corto di sonno, ma perché ho saputo attendere, e dormire della buona quando sono stato stanco.